m SM ||||& «9 >X;y,n^ i ]' $>&* $$51$ M > APPUNTI Lessicali e Toponomastici ' pubblicati a liberi intervalli DA TITO ZANARDELLI - oooO^Uoo»- TERZA PUNTATA Deir elemento -bo- -ba in qualche nome locale della Liguria in relazione alla QUESTIONE IBERICA. — Pochi nomi in -etum, -età nelle province di Genova e Porto Maurizio. In preparazione: Primo contributo alla toponomastica emiliana. BOLOGNA DITTA NICOLA ZANICHELLI 1901. ì\ V// ' ? JtU/ ' A *-* r -* /^S tr « Deir elemento -bo- -ba in qualche nome locale della Liguria in relazione colla QUESTIONE IBERICA Come esiste, sempre e più che mai, storicamente, etnicamente e linguisticamente, una questione ligure, appena in via di soluzione, così dietro ad essa si delinea una questione iberica, ma a tratti men precisi e lumeggiati; e, sebbene nei dettagli più complessa, neir insieme si presenta sotto i medesimi lati prospettici: lo storico, 1’ etnico -antropologico e il linguistico. I principali punti, differenti e talvolta discordi, nei quali si riassume tale questione, sono i seguenti: 1. ° Come i Liguri delle Alpi e degli Appennini, come i Reti del Tirolo, e, meglio che ad essi non venisse fatto, gl’ Iberi Hiberes, Hiberi), con principal sede in lberia, apparterrebbero ad una delle popolazioni primitive d’ Europa, se non alla più antica, preariana di razza e anariana di lingua. 2. ° Gl’ Iberi sarebbero originarli della Libia settentrionale o di circostanti regioni, opinione questa ormai prevalente nel campo scientifico sebbene quell’antica sull’origine asiatica di essi, dovuta alla similitudine dei nomi ( Iberus e lberia del Caucaso), non sembri ancora intieramente abbandonata ( nè ciò potrebbe essere fino a prova definitiva ), come lo era già da taluni al tempo di Appiano, il (piale, riassumendo i varii giudizii di allora, ci fa sapere nel suo Mithridatc ( 101 — ediz. Meudelssohn, 1889 ) che « alcuni c 4 ? & 4 - \\jERSi? jV f) f UÀ >1/ liti"' J ■<^lUT0 DI gl’ Iberi cT Asia antenati, altri coloni degl’ Iberi d’ Europa, altri infine soltanto omonimi, imperocché tra essi non erano per niente, simili i costumi e cosi anche la lingua ( eBc; yàp oò5èv 8|xaov, y] yXwaaa ) », oppure, per quest' ultima parte del passo, accettando la correzione del Nauck ( idem, in nota ) che niente muta nel senso : «.imperocché nulla vi era tra essi di somigliante nei costumi e neppure nella lingua ( lOog yàp oòoèv fjv 8(iaov, oùoè rj yXfòaaa ). . 3. ° Giunti che furono nella penisola pireneica, avrebbero tolto il nome da Iberus, il gran fiume settentrionale, e, secondo alcuni, da- quello minore del mezzogiorno. Quindi se il nome tolsero e non diedero al fiume, tutt’ altro ha dovuto essere in origine il loro. 4. ° Essi si sarebbero spinti antichissimamente fuori dell’ Iberia nel resto dell’ Europa, in varie direzioni. 5. ° Più particolarmente, in tempo non meno remoto, avrebbero abitato tutte le coste che vanno fino a quella tirrena, occupando forse per via diretta le tre grandi isole del Mediterraneo: a) La Sicilia grazie ai misteriosi Sicani di sangue iberico, secondo Filisto, ivi giunti dall’ Iberia, secondo Tucidide, o grazie a un ramo iberico di tutt’ altro nome, e ciò d’ accordo, presso a poco, colle parole del pseudo Scymno, di Diodoro, Eforo e Dionisio d’ Alicarnasso. b) La Corsica iberizzata anche negli usi e costumi, per quanto afferma Seneca oriundo d’ Iberia, e nella quale Humboldt, Nissen e Hubner, sulla fede di Tolemeo, riconobbero nomi geografici con facili riscontri in quelli della Hispania ed anche della Gallia: KXcòvtcv—Clunia, Oòaycv — Oòr/.o; = Vagia, Oòpxtviov — Urei, naXavta e IlaXXa — Palantia, Tóxavoc — Bhodanus, 2oo(3aaavot — Subur, Tapox^via — Tarraco, sulle origine dei quali non regna sempre 1’ accordo perchè invero alcuno di essi ha potuto essere ligure, ma più difficilmente celtico, come sarebbe il caso di KXoimov, contrariamente all’ opi¬ nione di Hubner ( Monumenta lingune ibericac , Perolini, 1893, LXXXV e CYII ), non essendo stato ancora dimostrato con tutta evidenza che i Celti abbiano posto il piede in Corsica, seppur non è stato dimostrato il contrario, c) Non ultima la Sardegna, che pol¬ la sua civiltà primitiva e in base di certi nomi etnici può avere avuto rapporti qoIF Africa anche prima delle colonizzazioni fenice e cartaginesi, e, chi sa forse, coll' Egitto in tempi ben più remoti. Per quello che spetta all’ Egitto ricorderò che tra i popoli del mare che formarono la lega degl’ invasori contro la terra dei Fa¬ raoni, a datare da Rarnsès II, vi erano gli Iliouna ? i quali secondo 3 Maspero, Perrot ed altri sarebbero stati Trojani di buona lega, ma che secondo Duncker, Unger e Halévy risulterebbero invece Afri¬ cani. Ora, se fosse addotta la prova che Africani erano veramente, lasciando da parte pel momento i tanto combattuti Sliarclana , niente vieterebbe di vedere in codesti Iliouna i fratelli di razza degli Ilienses della Sardegna, da compararsi in Iberia cogli Ilienses di un’iscrizione (CIL. II, 1475) e gli Ileates d’Avieno (v. 475), come i Beroni[cen]ses dell’ iscrizione di Sulcis ( 1891 ), apografata per la prima volta da Antonio Schiff di Berlino, sono forse da riconnet¬ tersi, almeno toponomasticamente, coi Beroni della Spagna, e come i Baiavi della stessa isola di Sardegna evocano il nome dei BaXa- tlvol della Corsica e ancor meglio quello delle Baleares . ( Si compa¬ parino anche coi dubbiosi BaXapé$ di Appiano, b. c. 485, e Balatuscun di un’ iscrizione (CIL. II, 2795 ). E a proposito di queste ultime isole, senza parlare delle altre minori del Mediterraneo, aneli’ esse hanno dovuto appartenere agli Iberi, il che si deduce dalla loro posizione geografica, dalla tradizione e dai dati archeo¬ logici. La posizione geografica infatti delle isole Baleari, poste tra la Spagna e la Sardegna, considerate ambedue come iberiche, è tale per se stessa che non abbisogna d’ altri argomenti per accer¬ tare ivi la loro presenza. La tradizione, con rapido accenno, per mezzo di Licofrone ( versi 642-647 ) pone gl’ Iberi nelle Baleari, nè di ciò si stupisce J. Geffcken ( Timaios 7 Geographie clcs Westens , Beri. 1892, p. 4 ). nè quanti chiedono da essa nude e concise verità e non lunghi giri di parole. L’ archeologia infine, mostrandoci l’unità del tipo architettonico, che stringe in un medesimo cerchio i Nuraghi della Sardegna e i Talayòts delle isole Baleari, tende a concludere che i loro costruttori hanno potuto essere di origine iberica o meglio libica, tanto più che al dire di Diodoro (TU, 49, 3 ) i capi delle tribù stanziate tra 1' Africa e le Sirti non possedevano città, ma sole torri, in prossimità delle acque, ove ponevano gli avanzi del loro bottino. La mancanza in Iberia di simili costruzioni tende¬ rebbe però a provare una di queste tre cose: o che tali costruzioni non sono iberiche, o che gli Iberi non sono Libi, o che apparten¬ gono a un ramo diverso da quello che approdava nelle isole. 6. ° I Liguri sarebbero prossimi parenti degl’Iberi o propaggine di una comune stirpe africana e, d' altra parte, cosa ben diversa, avreb¬ bero affinità cogli Arii e specialmente colle stipite dei Traco-Uliri. 7. ° Gl’ Iberi sarebbero in più o meno stretto legame coi Berberi dell’ Africa settentrionale e sarebbero di famiglia hamitica, 4 8. ° Eredi o continuatori, sotto certi aspetti, degli antichi Egizii, essi sarebbero oggi più direttamente rappresentati dai Baschi coi quali avrebbero indivisi i caratteri somatici, il fondo tipico della lingua, figlia dell’ iberica secondo Humboldt, ed altri vincoli di pa¬ rentela; dai Baschi che, secondo certuni, sarebbero nientemeno che il residuo d’ una popolazione primitiva uralo-altaica. 9. ° In base all’ opinione espressa più sopra, combinata con quella che ci venne pel tramite di Appiano, essi sarebbero, per cognazione etnica o linguistica, stretti da vincoli coi Tirreni, ciò è a dire vi fu chi si studiò di gettare un ponte molto pensile e sospeso tra la lingua etnisca e la lingua dei Baschi, derivando poi tutte e due da quella degli Iberi d’Asia. Ma, prescindendo da altre ragioni, 1’ Hùbner, gran studioso di nomi di lingua iberica, constatò con questa 1’ etrusca « nullo omnino vinculo videri coniunctam » ( op. cit. pag. CXXXVI ). 10. ° Essi sarebbero infine una colluvie eterogenea o adunata di varii popoli, confusi insieme e rimescolati per varie vicende, e ciò in aperta contraddizione con quanto viene attestato dai più antichi storici, per esempio da Herodoro, il quale fioriva tra il 450 e il 430 prima di Cristo, e secondo il quale ( fragm. 20 ) la stirpe iberica si distingueva per nomi di tribù : Cineti ( Kòvyjxs; ), Cleti ( rXrJisc; ), Tartesi ( Tapinato: ), Elbisini ( ’EXpuafvta ), Mastieni ( Maaxtt]vot o Maaxivoi ) e Celciani ( KeXxtavof o KaXraavof ), pur formando una sola gente, « 2v yivos èòv » ( FHG. 2,34 ), come occorre per altri popoli. A questa ultima sentenza venne più tardi anche Humboldt, per studii fatti da uno speciale punto di vista e più recentemente 1’ Hùbner colle seguenti parole, a proposito di Strabono che aveva detto oò yXwTTirj \v.x : « Cogitavit . .. scriptor Graecus de Phoenicia et Graeca, fortasse etiam de Geltarum lingua apud varias paenin- sulae Ibericae gentes obvia ; atque fieri potest, ut dialectorum unius linguae discrimina Graecis hominibus parum eas intelligentibus non unius linguae esse visa sint. Itaque quantum quidem adirne indi¬ care licet, in Hispania fuisse popuhim Ibericum unum quamvis in gentes multas divisimi probabile est linguamque Ibericam un am, sed fortasse dialectos varios » ( op. cit. p. LIX ); e prima ancora parlando di Humboldt: « Recte e locorum hominumque nominibus deduxit Iberos unum fuisse populum per totani paeninsulam dif¬ fusimi unamque eorum linguam, quamquam veras nominimi Iberi- corum formas ex parte tantum novit multasque adhibuit prave traditas. » ( id. p. XXV ). Malgrado le restrizioni dell’ Hùbner sul 5 materiale che ha servito alle ricerche di Humboldt, un’ altra ve ne sarebbe da fare dal lato etnico dedotto da lui semplicemente da quello linguistico, sul quale si può sempre discutere, come in ge¬ nerale sul valore delle iscrizioni celtiberiche, sulle quali, se non tutto, il più rimane ancora da fare. Ma di ciò diremo altrove. — Anche dal punto di vista linguistico si potrebbero fare in proposito delle gravi obbiezioni, in base a certe profonde differenze fonetiche che si avvertono tra il portoghese, lo spagnuolo e il catalano, se pur specchi fedeli di antichissimi sistemi di suoni; nè la persistenza e 1’ estensione delle forme toponomastiche m tutti i territori ba¬ sterebbero a toglier via i dubbi sollevati, ma è da riflettere che le grandi invasioni di popoli, le emigrazioni che ne seguirono e gli ulteriori innesti di altre parlate hanno potuto modificare qua e là il fondo etnico primitivo e quindi quello linguistico. Siccome però V ultima parola non è stata ancor pronunziata sull’ unità egizio-ibero-basca, nè su quella afro-ibero-ligustica, anche esclusa che sia l’unità ibero-ligure-illirica ; nè, qualunque siasi, venne ancora infranta questa loro unità, quel che più giova qui rilevare è che tutti o quasi tutti i moderni studiosi dell’ intrigata questione vanno d’ accordo nell’ ammettere che gl’ Iteri abbiano occupato a un dato momento le rive del Mediterraneo occidentale, il che può confermarsi coi dati della tradizione e appoggiandosi sull’ argomento che i popoli che andarono poi diffondendosi lungo il tratto litoraneo che corre dalla regione pireneica a quella ap¬ penninica ci mostrano che quella stessa via era stata prima calcata dai loro predecessori, i quali, per così dire, la insegnarono loro; nè vale a infrangere questo argomento l’ipotesi di coloro che come 1’ Hiibner ( id. p. LXXXV ) fanno emigrare gl’ Iberi in senso in¬ verso, perchè il fatto dell’ occupazione di quei luoghi rimane sempre quello che era. È vero che la più antica tradizione scritta, per quanto ci vien riferito da Strabone e da Plinio, ci dice solo che V Iberia cominciava al di là del Rodano, e che Herodoro, quasi contemporaneo di Tucidide, ci fa sapere eli’ essa abbracciava la Spagna intiera e una parte della Gallia fino al suddetto fiume, chiamato addirittura « fiume iberico » da Eschilo ( Plin. 37, 11 ), che mentre Scilace lasciava scritto che dopo l’Iberus vengono i Liguri mescolati agl' Iberi fino al Rodano ( Perìpi. cap. 3, GGM. 117 ), Ecateo non venne neppure a tale affermazione, ma registrò solo che gli Elisyci, detti Bebryces da Silio Italico, erano gente ligure, « ’EXìauxot, e0vo* Atyòwv » ( in Steph. Byz. ); ma è 6 facile capire che all 1 epoca di tali scrittori, o, per meglio dire di quelli da cui essi desunsero le notizie, molte cose erano ignorate o imperfettamente conosciute ( e servano a ciò d' esempio le parole dello stesso Scilace per cui i Liguri dopo il Rodano non andavano oltre Antium = Antipolis e qui giunti seguivano i Tirreni, ’Atuò ‘P oòavoO 7roTa|ioO exovioi [iixpt ’Avtfoo, id. ecc. 4-5) (1), a parte la memoria dei fatti che non giunse fino a noi o ci giunse incom¬ pleta, e che d’ altra parte i confini della Iberia primitiva avevano dovuto già notabilmente restringersi in seguito alla progrediente invasione prima dei Liguri e poi dei Galli, e che, come questi con¬ fini sono andati ulteriormente ancor più restringendosi, per esempio al tempo di Avieno che li fissa all’ Orano, pel dilatarsi e il con¬ solidarsi delle stirpi sopravvenienti, così, per V opposto, essi limiti accennano ad ampliarsi sempre più a misura che si risale il corso dei secoli fino al momento in cui le nuove stirpi conquistatrici non erano ancor giunte sulle coste occidentali marittime dalle terre interne o da levante, o ne avevano occupati tutt’ al più alcuni punti strategici. Del resto, per mezzo dello stesso Strabone, noi sappiamo che al di qua del Rodano abitavano i 2iXue$ che gli antichi Greci chiamavano Liguri, ma eh' egli distingueva da essi ( lib. IV, 185 ), da compararsi in Iberia coi Saloni ( Mei. 3, 1, 10 ), Salauris ( Avieno, v. 513 ), Salica ( Ptol. 2, 6, 59 ), ecc., e colla scorta d' altri geo¬ grafi antichi noi possiamo intravedere, fra i tanti, un rapporto eti¬ mologico tra Vartts fiume narbonese e Vareia, Varica, Varada tre città della Tarraconese od ivi presso ( Ptol. 2, 2, 55; 2, 6, 57; 5, 11, 2; Itin. Ant. 393, ecc. ). E restano infine, come termini estremi nel tempo, seppur specificamente differenti, da un lato le affinità tra i dialetti odierni della Catalogna, della Gallia Narbonese e di una parte della Liguria, e dall’ altro la leggenda mitica sulle pere¬ grinazioni eraelee che deve avere fondamento in qualche cosa, anche ammesso che vi sia stato scambio nei nomi, e che si riassume nelle parole di Apollodoro colle quali si dice che Ercole dopo aver lasciato Tartessum se ne venne ad Abderia in Liguria, ove Alebion e Dercynus, figli di Nettuno, per aver tentato di rapirgli la sua matidra di buoi, furono uccisi da lui che continuò il suo viaggio per la Tyrrhenia ( II, 5, 10, 9 ). (1) Anche nella llepiriyvioic, del pseudo Scymno, Antipolis è posta come ultima città della Liguria: ’Avn/roXfi; aùrwv tex^r ( GGM. Miiller, 216, p. 204 ). Ricostituita cosi, in una delle sue linee più indecise, 1’ area estesissima degli Iberi, al tempo in cui dovevano aver raggiunta la massima possanza o espansione, sarà più facile comprendervi quelle terre che, poste quasi dirimpetto alle loro, entrarono più tardi a far parte del dominio dei Liguri. La riconferma del fatto, adombrato in questo o quel modo, spet¬ terà poi a quelle discipline che sono in grado di farlo più effica¬ cemente, e la glottologia sarà chiamata a rispondere aneli’ esse sul- T entità e la portata di esso. Sebbene 1’ Ascoli abbia già detto, sottoponendo a severo esame un libro del Caix, che « il rintracciare metodicamente i cimelii iberici che l’Italia per avventura possa offrirci, ben sarebbe un assunto degno e proficuo per fermo, qual fosse la risultanza del- T indagine », aggiungendo che « un criterio iberico per la classi¬ ficazione de’ nostri vernacoli non solo non è trovato peranco, ma non si può tampoco cercare che per vie che sono affatto remote da quelle per cui il Caix s’avventura » ( AGL II, p. 415 ); seb¬ bene una di queste vie potrebbe forse additarcela il processo lin¬ guistico volto a ciò in una data e ben precisa direzione, pur tuttavia anche applicamlovelo riesce molto difficile di esumare, anche in piccola parte, dal fondo in cui si troverebbe sepolto, tale elemento iberico di sotto al triplice strato di materie che densamente tutto lo ricopre, seppur un elemento iberico abbia veramente esistito su tutti i punti della penisola ed abbia sopravissuto alla rovina in cui furono involti i fondi successivi. In ogni molo, non parali temerità l’asserire che 1’ elemento iberico, qualunque sia per essere il risultato dell’ investigazione, è innanzi tutto da ricercarsi, per la materia di cui si compone, nel dominio puro della toponomastica e, per lo spazio in cui potrebbe trovarsi rinchiuso, in quella parte d’Italia che si trova più pros¬ sima alla sede principale o al centro immediato d’ origine, ove la difficoltà di riconoscere l’estensione delle influenze etniche del- 1’estinta personalità linguistica e il valore delle reliquie lessicali da essa legateci, sebbene grandissimo, è però meno grande che altrove, come l’asserì E. Hiibner per 1’ Iberia, colpito dal fatto eli’ esse mancano alle altre lingue romanze (1), e come lo dimo¬ strano anche le ultime conclusioni del Meyer-Liibke, il quale, gio¬ vandosi delle osservazioni anteriori, ha ivi raccolto e messo insieme, (1) Mommi, linguae ibericae ed. Aem. Hiibner, Berol. 1893— LXXX ). al di fuori della topomastica, circa venticinque vocaboli: pdramo = landa, nava == pianura, vega — idem, arrogo = ruscello, artiga = terreno dissodato di fresco, legamo = fango, carrasca , chaparra , quejigo = varietà di querce, ecc., alcuno dei quali però accenna ad essere più basco che iberico. Il prof. Ceci ci dice, nel suo discorso inaugurale di quest’anno, all’Università di Roma: « La toponomastica ligure, resiste, per qifel ch'io ho tentato (?) alla comparazione colla nomenclatura iberica »; ma aggiunge subito dopo: ’lasva?), laevus , arvum per aruum = uinbr. arvamen , salvum = umbr. salvom , salmoni , = ose. bivus, ecc., e i nomi proprii derivati Flavius , Fulvius , Helvius, Laevius, Salvius , ecc. Quanto al suffisso che più c'interessa -otw- -uvio- da -oro- -t- -io-, consi¬ derato come costante svolgimento dell’ altro, è da prender nota che gli studiosi di lingue italiche ammisero per altre vie la sua indi¬ vidualità o il suo addivinire a stato d’indipendenza, e questo per ora ci basta. Il Pianta, tra essi, dice riassuntivamente in proposito: « Naturlich brauchen nicht alle Namen mit -ovio- (weiteres Ma¬ terial bei Solmsen Stud. 138 f., 16, 171 f. ) selbst auf Wòrtern mit -vo- ( oder u-) Suffix zu beruhen, da - ovio - als « Eigennamensuffix » aufgefasst uud weiter ausgedehnt werden konnte. » ( Gramtn. der osk.-umbr . dial. Il, 3, 15). I nomi topici o etnici in -bo- o - vo-, nella sua più varia poli- morfia, da me non considerati come di certa fattura indogermanica, saranno qui divisi in due classi secondo che si trovano enunciati in antichi autori o in documenti medioevali ed altri più recenti, rin¬ viando alle fonti per la differente quantità della vocale tematica. 13 I seguenti appartengono alla prima classe e provengono da un fondo ligure-gallico — zona di transizione tra l’Iberia meno antica e T odierna Liguria — non ancora prosciolto da certe influenze iberiche. Nè sembreranno ivi degli intrusi quando si pensi che uno dei più eminenti celtisti di questi tempi, il D’ Arbois de Jubainville, ammette, con altri, V esistenza « de quelques noms de lieu d’ ori¬ gine ibérique facilement reconnaissables dans le région située au sud de la Garonne et entre les Pyrénées et le Rhòne » (1) e che 1’ Hubner aneli’ esso vi riconobbe come iberici non pochi nomi di fiumi, tra i quali alcuni si devono considerare come liguri, ponendo a riscontro in altre liste più accurate, ma non scevre di elementi celtici, Atax narb. — Attacum celtib., Illiberris narb. — Illiberris hisp., Liria gali. — Liria edetan., Ocelum narb. — Occlum lusit. ( op. cit. pagg. XCV, XCVI, XCYIT), ecc. ecc.: Argubium , oggi Argoule nel dipartimento della Somme. ( Holder, Alt-Celtischer Sprachschatz ). Ambii, detti anche Ami (?), popolo della Gallia Narbonensis, in Tolemeo ’Apoùjfta o ’Apoòioc ( 2, 8, 7 ). Da porsi a riscontro con Arra (?) città della Hispania Baetica ( Plin. 3, 11 ) e coi tre fiumi chiamati Arra , oggi Avrò, Auve, Erre, i quali però si spieghereb¬ bero meglio con un più antico Alba , coni’è il caso Aiace e d* Orv(in), e come Herbcta(n) si spiega con Albeta (Thomas — Les noms de Rivières , ecc. Romania 1893, p. 1893 sgg. ). ? Bagnob-en vicus, in moneta merovingia. (Holder, op. cit.). Canagobia = Ganagobie, nelle Basse Alpi. ( id. ib. ). Conirubii , nome di popolo che si trova associato con quello dei Galli ( Ada triumph. Capitol . a. 588 ) da compararsi con Contrebia semplicemente detta ( Veli. II, 5, 2, ecc. ), che forse si distingue da Contrebia Leucada ( Liv. fragm. 1. XCI ). Corovesci, nome di popolo attestato dalle iscrizioni ( Holder, op. c.). Corovius o Crovius vicus, nell’ antica diocesi di Angers ( Greg. di Tours in glor. conf. c. 94, cit. da Holder ). Deob-ensis pagus ( CIL. Il, 1376 ). Dexuv-iates o Desuviates (Plin. 3, 34) nome di popolo della G. Narbonensis da preferirsi, secondo me, alla variante Dexuiates e corretto a torto Dexivates . l)a compararsi con « Lacus Destiviiaticus ». Durbiae = La Dourbie, nome di due fiumi, uno nell’ Aveyron e 1’ altro nello Hérault. (1) Les Noms de lieux celtiques , eie . — Revue Archeol. N. S. voi. 35, p. 261 14 Esubii , Esuii accanto ad Esuvii , che mal si spiega coll’ epetensi di iato mediante v eufonico, anche ammettendone la derivazione da Esus, il Marte gallico, onde trarne fuori il significato di « figli di Esus ». Essi erano un popolo ricordato a più riprese da Cesare in « Bello Gallico ». Si cfr. ad ogni modo con Esubiani e con Oxubii di Plinio che, secondo i codd., offre anche le varianti Exubii e Exiibi ( id. 3, 47, pag. 22(3 ). Galupe in « Caput Galupe » = Garupe, nel dipart. delle Alpi Marittime (D’ Anville, Notices sur V anc. Caule, citato da Holder). Gergovia o Gergobia , città degli Àrverni ( Caos. h. g ., 7, 4, 2 ). in Strabone: repyoo’xa (4, 2, 3). l)a compararsi con Gergius loca¬ lità della Spagna secondo V Anonimo di Baverina ( 4, 43 ). Gorgob-ina , da un più semplice * Gorgoba, oppido dei Boii. Lexóbii , Lexovii , Lixovii, popolo della Gallia Lugudunensis ( Caes. b. g., 3, 9, 10, ecc., Plin. 4, 18 ), in Strabone Arjijópiot o Arjgóficoi (4, 194) in Tolemeo: AT)§o6{ka, At^oùptot o Aec^oòfkot; nelle monete generalmente Lixovio . Mandubiiy popolo della Gallia Lugudunensis ( Caes. b. g. 7, 68, 1 ) considerato forse a torto come popolo celtico, e, in ogni modo, spiegato a parer mio forzatamente nel nome con soli mate¬ riali celtici, cioè con manchi • = azione del riflettere e -bii per -bili = buoni a-, ant. irl. bil = sicuro, buono; in Strabone: Mav8oóf3ta (4, 191 ). Marbovium , da cui anche Marboiacus = Marboué nel dipartila. Eure-et-Loir ( Holder, op. cit. ). Marsupia , nome di fiume presso Verdun, oggi Marsoupe ( idem ). Norvia in pago Oscarensi, oggi Norges-la-ville ( idem ). Orobus , fiume della Gallia Narbonensis ( Avieno, v. 592 ), in Mela Orbis ( 2, 80 ), in Strabone y Opjì; ( 4, 1, 6 ), in Tolemeo v Opofc ( 2, 10, 1 ). Oxubii , jiopolo della Gallia Narbonensis ( Plin. 3, 47; 3, 35 ), grecamente scritto ’0§ó{3:a ( Quadr. ap. Steph. Byz.; Polyb. 33, 7, ecc. ), in Strabone ’0£6|Jia Afyoe^ e ( 4, 1, 10, ecc. ) porto di mare di detto popolo. Saluvii o Salluviiy Salubii o Sallubii , ecc. ( Plin. 3, 36; 47, 124 ) accanto a Sftt-js; ( Strab. 4, 1, 3; 5, 6, 3 ) e SiXoe; ( Ptol. 2, 10, 8 ), popolo posto tra le Alpi, il Bodano e la Druentia, contermine dei Liguri, dai quali perù si distingueva al dir di Strabone. Ussubium , Usubium ed anche Vassubium, secondo i varii codd., nell’Itiuer. d’Antonino ( 461, 5, ed, Parthey et Piqder, 1848 ). 15 Ai Liguri dell’ Italia settentrionale, con special riguardo alla Liguria propriamente detta, si riferisce la serie seguente, avver¬ tendo però, alla bella prima, per quanto riguarda quest’ ultima regione, che grande è la difficoltà di raccogliere esempii, almeno in buona copia, qualora antiche forme non intervengano opportu¬ namente per farli riconoscere, e ciò a cagione delle varie vicende del -ò-, il quale, come dimostrarono luminosamente V A scoli e il Parodi, non si risolve tra vocali solamente in -v- ( coiva = pieve, nilvea —■ nuvola, ecc. ), ma dopo essersi cosi attenuato si dilegua talvolta complelamente senza lasciar traccia di se ( cuci = covare, onegl. satira = zavorra, ecc. ), o dileguandosi, specie dinnanzi ad -y/-, apre inoltre la porta all’ intrusione d’un - g - ( scigud = sibilare, onegl. scigudha = sibilo, ecc. ), o complicandosi con j e l si muta in -gg- anche dopo consonante ( raggia — rabbia, cungiu = piombo, neggia = nebbia, staggia = stabbio ), alcuni dei quali fenomeni, per render ancor più scabrosa ed ardua V indagine, ha esso comuni con altre consonanti poste talora in simili condizioni. Quando poi al mutamento di -6- intervocalico, o tra vocale e r primario e se¬ condario, in p ( di fronte al normale -rfe- accanto a -rv- specie in metatesi ), gli esempii di’ io pur recherò innanzi saranno o pura¬ mente ed eccezionalmente grafici, quando risalgono all' antichità, ( a meno che non si ammetta un -p- primitivo fin dal luogo d’ o- rigene ), o, se ancora dei tempi nostri, saranno analogici, oppur ri¬ servati sporadicamente a certe culture speciali da determinarsi, o finalmente mal sicuri e quindi da porsi in seconda ed anche in ultima linea, a parte i casi, ben inteso, e ciò sia detto una volta per sempre, in cui il b o p , fosse di composizione tematica: v A|ji7r-£Xo;, 7uóXi£ zfjz AiyiKraxfJs, oppidum ignotum ( Hecat. ap. Stepli. Byz. FHG. Mùller, 2,24 ). Arb-azani. — Vedi Eubii . Bimb-elli, gente ligure secondo Plinio, cosi chiamata nella sua h. n., in certi codd., ma fti altri, con grande varietà di forme gra¬ fiche: lì imbelli, Binibelli , Bibelli, Bimelli , Buibelli , Bombelli , Bivi¬ belli, Vibelli ( 3,47 ), in tutte però con quel finimento primario, una volta sola fortemente modificato ( Bimelli ), che più ci preme. In Bimbelli potrebbe però vedersi una forma nasalizzata di Bibelli. Bop-lum mons ( tavola di Polcevera, 117 a. C. ), forse una forma CQnsonanticamente ridotta nel suo primitivo tema. Ceb-anum o Coeb animi ( Caseum- ) in Plinio ( 11,241 ) che risale a Ceba o Coeba = Ceva ( Mondovì ). Si compari con Vivezza ( Porto Maurizio ). 16 Comb-eranea rivus ( tavola di Polcevera, a. 117 a. C., dove ri¬ corre due volte ) contenente, secondo d’ Arbois de Jubainville, un tema - bora -, radicale indogermanico bher = ferre, lo stesso che nel brettone -per = -ber e da li * com-ber- = med. brett. Kemper = Quimper, Romperete = Qnimperlè, a proposito dei quali e di certi fenomeni, che il Thurneysen credeva estranei agli idiomi neoceltici del ramo brettone, l’eminente celtista E. Ernault dichiara: « Kemper , dans le nom de Quimper et dans Kemperele , Quimperlé, Carini de Itedon, 261; gali, cymmer, confluent, de ‘ com-ber -, lat. con-fcr-re, cf. F emploi de 'v&ov opo; ( Ptol. 6, 20 ), Ventipo ( Hisp. 27, 5 ), Ventiponenses nelle iscrizioni (CIL. II, 1467, 1468) nelle quali panni ravvisare degli svolgimenti più semplici a cui forse si riferisce Vindupalis . Vesubia, nome antico d’ un affiliente del Varo. Da compararsi per l’etimo, probabilmente ligure, coi seguenti nomi di fiume: Vesanus detto poscia il Bisagno, Visone affiliente della Bormida in Piemonte, Vesidia nell’ Etruria, Veseris nella Campania presso il Vesuvio, Visera = la Vézère, Visnonia = la Vilaine, Visusia = la Vezouse, Vister = la Vistre ( dip. del Gard ), Vesera = la Vesdre nel Belgio, Visurgis = Weser in Germania; così pure con Vesuviani = il Vesuvio, Vesulus mons = Monviso, Vesona = Vesone località nell’Alta Savoja, Vesunna nome antico di Périgueux, Visorontia = Vezéronce comune del dipart. dell’ Isère, ecc. Si ricordino anche, ma senza trarne deduzioni immediate, i Vesuni popolo della Mau¬ ritania e Besilus (forse per * Vesilus ) in Avieno ( Ora mar., v. 320), secondo Miillenhoff braccio sinistro del Guadalete. Per chi trovasse strani questi ultimi ravvicinamenti ricorderò che un dato nome di fiume può benirsimo applicarsi a un monte, a un piano, a un pro¬ montorio, a un’ isola, se uno degli attributi o qualità contenuti nella voce convengono indifferentemente ai rispettivi oggetti per quella omonimia o polionimia già avvertite da M. Mtiller, Kuhn, De Cara ed altri nelle forme mitiche del linguaggio. E così che 22 nei Vedi la terra è detta avvi (vasta), e cosi anche il fiume (vasto) oltre gli altri suoi nomi dovuti ad altri attributi. Indipendente¬ mente da questo processo psico-glottologico è ben noto che, per semplice adattamento formale, dovuto ai contatti geografici, il nome del monte può trasmettersi al fiume, quello del fiume alla regione bagnata da esso, alla città sovr’ essa edificata ed anche alla gente eh' ivi pose stanza. Vesuviani , popolo delle Alpi menzionato nell’iscrizione di Cottias ad Augusto sull’ Arco di Susa, i quali poi potrebbero essere una medesima cosa cogli Esubiani di Plinio ( 3, 137 ) e quindi con quelli dell’ iscrizione di Tropaea Augusti alla Turbia. Questo nome si troverebbe poi in connessione coi precedenti, indicati a Vesubia. In altre parti d’ Italia, questo elemento, il quale ripete forse qua e là altra origine, potrebbe essere rappresentato da qualcuno dei nomi seguenti, oltre quelli già indicati altrove: Aspia, Carbia, Crinovolum, Decennovium (?), Hirpi- Hirpini che potrebbero non aver preso il nome loro da (h)irpus — lupus, lat. hrrcns, come i Picenti non lo trassero dal picus sacro a Marte, 'Hispa primitivo di Hispellum , che Humboldt criticato da Hubuer mandava con Hispalis , Naevia silva, Nepe o 'Ncpa da cui Nepete , Norba laziale già citata ( da compararsi colla Norba ispanica e la Norba calabra, quest’ultima dedotta da Norbancnses di Plinio), Occab-aria ca- stellum ( OSxoo é 3zp5% ópjiYjn^ptov, Zos. 5, 37 ), Orbius o Urbius clivus, Osopuni (?) y liespa , Salpis , Simbruvium, Sirpium, Teba , Tréba donde Irébium, ecc., ecc. — Aveva però ragione 1* Hiibner di sospen¬ dere ogni giudizio sull’ ibericità di questi nomi, sebbene poi abbia il torto di vedere in questo una reminiscenza (!) dei duci romani reduci dalla Spagna, in quello una speciale adattazione d’ un nome latino ( op. cit. pagg. XLIII, LXXXVI ). Per alcuni dei suddetti, p. e. per Norba dei Volsci e Teba dei Sabini, sono proprio curioso di vedere come il prof. Ceri saprà tro¬ vare i loro corrispondenti, ben inteso etimologici e morfologici, nella toponomastica della Caria. 11 tentativo però non sarà del tutto nuovo, perchè G. Meyer in Indg. Forsch. I, p. 324, riconnetteva quel medesimo Teba sabino col cario Ta[3a ~ rocca, messo certo in quella via, o, come si direbbe con termine nuovo, « suggestionato », da Varrone che avvertiva come i Beozi chiamavano « collis = tebas » e come la voce veniva ai Sabini coi Pelasgi della Grecia, in quello stesso significato (Rii. 3, 1, 6), Anche il Conway, che riporta il passo di Varrone, nelle sue glosse sabine ( The Italie . Dialects — Cambridge 1897, voi. I, p. 358) mostra di porvi qualche credenza. A nanna 23 . Nelle carte medioevali e degli ultimi secoli detraggo i nomi se¬ guenti da cui prenderò occasione di accennare anche ad alcune forme liguri: Bclba mons, in una convenzione tra il vescovo di Savona e i consoli di Noli, del 1189 ( Docum. nolesi di G. Gandoglia — Sa¬ vona 1891, p. 21 ). ?Besov-cnicum ( Ecclesia Sancti Bartholomei de — Vedi Atti Soc. lig. St. patì \ II, 2, 14) che L. T. Belgrano identifica con Busso- nengo, rettoria del Vicariato di Sori, frazione del Comune di Canepa, il che potrebbe anche non essere se la lezione Besovenicum è corretta. Cannib-era , torrente nel territorio d’Alassio ( Vedi per ciò Atti della Soc. lig. di St. patr ., voi. Ili, p. 187 ), nome che riproduce la finale di Porcobera e che molto perspicacemente fu supposto riflet¬ tere un’ antica forma * Cannobera o 'Cannubera. Nava, piccolo affluente del Tanaro, che, come il seguente, po¬ trebbe anche essere ligure; ma che non si designa bene per il suf¬ fisso. Esso ricorda vagamente il fiume iberico Ndbus = Navia = Navios, Nava = Nalie affluente del Reno, Nava = Naab affluente del Danubio, Nabalia o Nablis altro fiume della Germania, V anglico Nabaros, il Navissus della Mesia, ecc., ecc. Neva, nome di torrente nel territorio d’Alassio. Esso si presenta nelle stesse condizioni morfologiche del precedente, ma per la pro¬ venienza etnica, se si può constatare la sua antichità, sarà piuttosto da riportarsi a Ncvi-asca della tavola di Polcevera e ad altre de¬ rivazioni liguri di nev- (Vedi mia Toponimie fluviale pag. 38 e sgg. ) che a Nebis dell’ lberia, da cui il nome di popolo Nebisoci. Nervia ( da *Ncròia? ) fiume della provincia di Porto Maurizio. Da compararsi per V etimo con Nirasca della medesima provincia, con Nerusii popolo delle Alpi Marittime ( Plin. 3, 137 ) la cui capi¬ tale era Vintius Nerusiorum, e, in ben più lontane regioni, col fiume cantabrico Nerva e col promontorio Nerion, iberico aneli’ esso per testimonianze di Strabono ed altri antichi autori. Orba, torrente che nasce al monte Ermetta in Piemonte, bagna il territorio di Savona e finisce nella Bormida; Urba negli Statuti di Ovada, cap. 38. — Vedi Orobii, TJrba nelle pagine precedenti. ??Torbi (Monte-), tra S. Marino e Varcarezza. Nel 1387: Ec¬ clesia de Turbis — S. Lorenzo di Torbi ( Atti Soc. lig. di St. patr. voi. II, p. 39 ). ??Turpi (Vedi Atti Soc. lig. St. patr., voi. II, part. II, p. 171) che il Belgrano ravvicina a Terpi, frazione di Montesignano, nel 1128 scritto però egualmente Terpi (Vedi idem, voi. li, p. {245). 24 Tobia , Tavia ( Itin. mani . H??/., 503, 2-3 e in carte antiche a partire del X secolo ), oggi Taggia , fiume che sbocca in Riviera di Ponente, poco distante da S. Remo; da D’Arbois de Jubainville posto tra i nomi di fattura ligure ( op. cit., p. 175 ). La forma Taggia , preceduta nel tempo da Tobia ne potrebbe far presupporre una più antica * Tabula, da compararsi, per ogni evenienza con Hx,3o6xa nel paese di Varduli (Ptol. 2, 0, 65) e col lusitano Tap-ori ( Plin. 4, 118). V’è anche Tacua, non so da dove dedotto, che le si vuol porre accanto dagli scrittori locali; ma non risulta chiaro, nè ben documentato. Ove però venisse accertato, anche nei suoi rapporti di sinonimia con Tabi a , esso tenderebbe a mostrare che il radicale di entrambi si deve ridurre a un semplice Ta-. Che se poi F uno rimanesse dall’ altro distinto, si tratterebbe d' un fiume confuso col primo per vicinanza di corso. Questo Tacua poi, co¬ munque sia preso, purché autentico, non veggo qual nome di fiume vicino o lontano possa convenirgli per un eventuale ravvicinamento, quando non sia pur quello dell’ iberico Tagus , con cui vanno forse a riconnettersi i nomi di Tacatua e Tagora, antiche città della Numidia. Per le ragioni adombrate più sopra e per gli esempii a cui si appoggiano, io deduco che F elemento formativo fin qui studiato non sia ligure; ma ciò che mi conferma di più in questa opinione è la frequenza colla quale lo s’incontra nell’ Iberia propriamente detta, da cui forse trasmigrò in altri luoghi nell’ epoca in cui gli Iberi si estendevano politicamente fino alle rive della Macra e al di là della Macra. Per rendere più evidente la mia dimostrazione andrò a sorpren¬ dere questo elemento nella sua patria d' origine, cominciando dai nomi in - ubo- - uba - -óbo- - oba - e simili, compresi i derivati, tra¬ scorrendo però su essi rapidamente. E possibile però che il - 1> - sia ivi il continuatore d' un antico -p-: « Attubi quae ( cognominatili*) Claritas lidia », in alcuni codd. Atui ed Ucubi , con forma, quest’ ultima, considerata come più sicura (Plin. NH. 3, 12, ree. Iulius Sillig, Hamb. et Gothac, 1851 ). Caìduba ( KàX3oo(3x ), città dei Turdetani aneli’ essa nella H. Bae- tica ( Ptol. 2, 4, 10 ). V’ è chi legge però KóXoojfo o Kóvoi^a, e, a torto o a ragione, si crede che sia la Colobana di Plinio. Altri, come F Hiibner, la mandano con Salduba. Carcuvium prope Laminium ( Itin. Anton., 445, 7 ), dal Kiepert e da altri identificata con Caracuel. Fu comparata dall’ Hiibner con Cavea, altra antica città della Spagna e con Carcaso = Car- cassonne della Gallia Narbonensis ( op. cit. p. XCYII ). Conób-ana, città dei Turdetani in H. Baetica, con nome dedotto dall’aggettivo Conóbanensis (CIL. II, 1294). Da compararsi col nome di uomo Kovvój3a o Kovvó[3a<; ( App. Hisp., 68). —Vedi Caldaia. Cordala, città dei Turduli nella H. Baetica (Mela, 2, 6, 88: Ioseph. 19, 1, 3, ecc. ); in Strabone, Tolemeo, Appiano, ecc. : KópSufia o KopSo^a, in Plutarco Kopoó^rj ( Caes. 20 ), altrove KópSoo[3a, Kop- 5où'iz, Cordava, Cordolo, ecc. Corov-esci = Cassio Corovescum (CIL. II, 2708,5730), nome di città o gente da compararsi con Crovia ( id. 2550 ), Grovii ( Mela, 2, 10; Plin. 4, 112) = Ppoufot ( Ptol. 2, 6, 44 ) e col nome di donna Crovesica (CIL. II, 5740). Etob-esa o Etov-isa. — Vedi Otobesa Iadovi (o Ladovi?) nelle Asturie (Plin. 4, 111). Ilub-erritani nel Conv. Caesaraug. ( Plin. 3, 24 ). ? Ipolcob-ulcola (CIL. II, 1565, 1646, 1651, ecc.). f To<|> ttóXis, forse per *Hyop-usa ( Hecat. ap. Steph. Byz. — FHG. Muller, 2, 46 ). Iponoia o Iponuba, analogicamente Hippo nova, e, secondo altri codd. Iphinoba ( Plin. 3, 10 ), nome attestato anche dalle iscri¬ zioni per via di Iponubensis (CIL. II, 1638, 1639, 5464 = 1600). Lavili-ala nella H. Baetica, Lacilbulenses ( CIL. Il, 1342, 5409). I)a compararsi con Cilbociaga marca ( Trad. Viz., 244. in Holder ), Cilbus in Àvieno ( Vedi più lungi ), Aaxijìfe città della Baetica, se¬ condo Tolemeo ( 2, 4, 9 ), Lacipea prope Emeritam ( Itin. Ant. p. 438, 4; An. Rav. p. 312, 16 ). Maenola , affluente del Guadalquivir, oggi Guadiamar, e città della H. Baetica (Mela, 2, 94), in Plinio Marnala (3, 8), nell’ Itin. d’ Antonino Maenova ( p. 405 ), in greco Matvo^a ( Strali. 3, 143 ; Ptol. 2, 4, 7 ). Si compari con Maivófìtopa città dei Mastieni ( Hecat. ap. Steph. Byz. ). * Onola aestuaria (Itili. Ant. £31; An. Rav. 317, 15); Ornila nelle monete ( Zobel, II, p. 184), grecamente y Ovc[3a (Strali. 3, 5; 5, 5) ed anche ’0vó 4 3a (Marc. Heracl. 2, 9; Ptol. 2, 4, 4), in Mela, forse per grafia corrotta, Onolappa (3, 1, 5 ), da distinguersi da Onola convent. Cordub. ( Plin. 3, 10 ) ~ v Ovo£a Turdul. ( Ptol. 2, 4, 9). Il suo etimo, se è pur lo stesso, si riscontra anche in Onusa ( Liv. 22, 20, 3 ) presso Carthago nova e in ’Oyvjai'ov Bepjia ( Strab. 4, 2, 1 ) nell’ Aquitania. 26 Ossonoba, città della Lusitania (Mela, 3, 16; Plin, 4, 21, 35; Itili. Anton. 418, 426; Anon. liav. 4, 43); nei testi greci: J Oaa6vo[3a accanto a 2óvo3a ( Ptol. 2,5, 3; Marcian. Heracl. peripl. mar. ext. 2, 13; Strali. 3, 143). Nelle monete: Osonóba , Osunuba o Osanba (Vedi Florez, Eckhel, Heiss, Delgado, Zobel, Hubner, ecc. ) e nelle iscrizioni: Ossonobenses ( CIL. II, 5141, 5142). Otob-esa , nome di due località, schiettamente iberiche secondo T Hubner, colle quali pone V Octogesa di Cesare ( b. c., 1, 61, 4, ecc.): una nel territorio degli Edetani, in Livio ( 21, 22, 5 ) Etovissa ( ediz. Weissenborn ) o Otobissa ( ediz. Muller ), in Tolemeo ^Hxé^aa (2, 6, 63, secondo Muller ’QxóJhrjaa); l’altra in Lusitania, sui mo¬ numenti Oiovesa , Otobesa (CIL. 11,826, 829). D’Arbois de Jubain- ville e con lui Holder distaccano però Octogesa da Otobesa e vedono nella prima un riflesso di una formazione celtica: 'Octogaiso-(briga) — castello di chi è armato d’ un giavellotto aguzzo! Salduba città e fiume (Mela, 2, 94; Plin. 3, 8), poi Caesaraugusta, oggi Saragozza, che n’è la corruzione. Nella forma greca 2aXocupa o NaX5o6 t 3a (?) e altrove KaXooo[3a (?) ( Ptol. 2, 4, 7-9-10 ). Da com¬ pararsi per V etimo con Salde o 2aX6as città della Mauritania Cae- sarea. Stando ad Aloiss Heiss ( Monnaics antiques de V E Spagne ì p. 9,1870, Paris) essa si tradurrebbe in basco « fiume degli armenti »! Segovia (Plin. 3, 3, 4; Fior. 3, 22; Itin. Ant, p. 43, ecc.); in Tolemeo: Sefoooofo o SeyGojk'a (2, 6, 56). Città degli Arevaci nella Hispania Tarraconensis tra Emerita e Cesaraugusta, ed altra minore dello stesso nome sul flumen Siciliense ( Alex. 5, 7, 6 ). In una moneta: Segovia , (Florez, li, p. 577, ecc.) e in un’iscrizione: Se - goviensis (CIL. II, 1166). Sorobis , fiume dell' H. Tarraconensis ( Mela, 2, 92 ). Succubi (?), ex Succubitano municipio Capitol. Marcus I ( Vedi Hubner, op. cit., p. 241 ). Toocoo^ nella Lusitania ( Ptol. 2, 5, 6 ). Toìobi prope Subur (Mela 2, 90), Tr]Xa>{3fe in Tolemeo (2, 6, 71). Turba , oppidum Hispaniae (Livio, 33, 44, ediz. Wilh. Weissen¬ born ), in Tolemeo ToùppooXa (2, 6, . 61 ), in Appiano, che nomina i suoi abitanti, Top^oX^xat ( Hisp. 10 ). È da avvertire però che in un’ edizione più recente di Livio, quella di Maur. Muller, invece di Turba , si legge Tarda. Ucabi, città della H, Baetica (Hisp. 7, 1; 8, 6; 20,1; 24, 2; 27, 4), limbi Claritas lulia convent. Astig. in Plinio ( 3, 12 ), Ucurbis in Sallust. fragm. liist. ine. 6 1). — I suoi abitanti sono chiamati TJcubiiani in una iscrizione (C1L. II, 656 ) e Ucubenses dall’Auctor Belli Hispan. ( 20, 2 ). Si compari con Attubi e Succubi , IJdiiba, prope Saguntum, in Plinio ( 3, 20 ), fiume della H. Tarra- conensis, oggi Mijares; varianti Udiva , Ibans e Idabeda. (Vedi edizione di lulius Sillig, ecc. ). Virov-esca o Verov-csca = Bribiesca. città degli Autrigoni, menzionata da Plinio (3, 27 ) e nell’ Itin. d’ Ant. ( p. 394, 459 ) ; nella Cosmogr. dell’ Anon. Raven. Birobesca ( 318, 10 ), in Tolemeo Oùipoóeoxa (2, 6, 54), nome formato col ben noto suffisso • esco -, -esca che ritrovasi in Coniene sci, Corovesci , Orgenomesci , Vativesca , Vobrsca, ecc. Da compararsi con Vereasueca portus Cantabr. ( Plin. 4, 111 ), Verela prope Calagurrim (Itin. Ant. p. 392, 2), Veronigoru gens Astur. (CIL. II, 5714), Oùspcùpiov in Lusitania ( Ptol. 2, 5, 6), Virornenicorum gens (CIL. II, 5741 ), ed anche con Virobinum — Vervino e Viroviacum — Warnick, sebbene quest' ultimo nome ac¬ cenni a uno svolgimento per mezzo d’ un nome di persona. Si aggiungano inoltre, anche per le altre regioni, i nomi di divi¬ nità: Aihub-odua , che sembra però per (C)athu-bodua e quindi di origine celtica, Britovius , Ertovi us, Enrtov-eUicus , Ilub-errixo, Lu- goves (?), Uxov-inus ( Htibner, op. cit., pagg. CXI, CXII, CXI11, ecc. ); quelli di persona: Amob-nus, Antub-élus, Cerdub-elus , Connoba , Nantovius, Pentovius , Urauvus ( idem, pagg. CXXI, CXXV, ecc. ), Urup-alis (Biade, pagg. 44, 49), Valupp-iana (in iscrizione cri¬ stiana, idem), Vcrob-lus (GLI. II, 2585), e, colle dovute riserve, questi altri nomi locali: Arteba degli Ilercaones, Alaba del conv. Carthag., Anabis dei Jaccetani, Aveva fiume della H. Tarraconensis, Astapa città della Baetica, Bernaba degli Edetani, Bilbilis o Bilbi od anche Birbilis nome di città e di fiume nella H. Tarraconensis, Garbala nella Baetica forse in correlazione con * Carpa da cui Carpetus , Carpetani , KapTiYjaoós ( App. Hisp. 2 ) da distinguere perciò da Tartessus, Contrebia , Tntibili prope Dertosam, Lacibis nella Baetica, Morva nella H. Tarraconensis, Narb-asi popolo della Galizia, Noliba degli Oretani, ’OXfjSa dei Beroni, Pemb-elorum gens, Pamp-aclo, Saepo nella Baetica, Saetabis nella H. Tarraconensis, Salp-esa nella Baetica, Sarabis dei Vaccei, Seal abis città lusitana, Sciamò-ina, Serpa nella Baetica, Sisap-o, Subi flumen da porsi accanto a Subitr degli Ilergeti e all’ etnico Subitanus (CIL. II, 3297), Tstp-oupst nelle Asturie, Tips^o; fiume della H. Tarraconensis, ecc. Esito per Colpe , una delle colonne d’ Ercole, a cui assegno un posto a parte, perche aneli' io sono tentato di chiedermi coll’ Htibner: « Quamquam columnae Herculis a quo populo nomina accepcrint quis prò certo affirmare velit? » ( op. cit., p. XCI ). Lo stesso dicasi per un ipotetico ' Hispa da cui probabilmente uscirono i nomi di Hispanici , "Ia7taX's, "lamvov ( Ptol. 8, 4, 4; 2, 6, 57). Hispallenses (Plin. Ili, 24) tanto simile esteriormente ad Ispis(?) in moneta merovingica (Vedi Holder), e, nella parte che si distacca dal suf¬ fisso, ad Hispcllum città umbra e ad Haftaupo; fiume siculo ( Ptol. 3, 4, 6). Ciò die mi conforta ad ammettere P ibericità di * Hispa è che il nesso -sp- (nel quale V s ha forse impedito il risolvimento di p in b) non è ignoto nè contrario alla fonetica degli antichi nomi locali ispanici, come ne fanno fede i seguenti: Aratispi, Aratispani (CIL. II, 2054-2057 ), Aspavia prope Ucubi (Hisp. 24, 2), Aspis prope Ilici (idem, 401, 2), ’laaTrfe (Ptol. II, 6, 61), Tispi, Tispitani (CIL. II, 5443-5444) e i nomi proprii Corentispo (CIL. 11,3528), Marispalla (in iscriz. cristiana), Nispro (CIL. II, 5144). Anche in Aquitania si trova: Aspalluca (CIL. XII, p. 453, 1). Infine anche i nomi in - ipo -, -ippo- o - ip-on -, - ipp-on -, che forse potrebbero essere in qualche rapporto coi suddetti, meritano qui una speciale menzione. Sono del numero: Acinipo (Plin. 3, 14) o Acinippo (CIL. II, 1347 add. ), in Tolemeo Axtvt7nuó) (2, 4, 11), Baesippo o Vaesippo ( Plin. 3, 7, 15 ), in Tol. Baiot 7 r 7 ro> ( 2, 4, 10 ), Cedripo (CIL. II, 1444), ColUppo (Plin. 4, 113), Dipo (Liv. 39, 30, 2 ), ’lXfaa ( Strab. 3, 2, 2, ecc. ) o IXXfoa ( Ptol. 2, 4,10), Ilipula ( Plin. 3, 10 e 12 ), Irippo in moneta romana ( Zobel, II, p. 180 ), Olisipo o Olisippo ( Plin. 4, 116, 117 ) o Ulisippo ( Mela, 3, 7 ), Ostippo ( Plin. 3, 12 ), nel quale alcuni vogliono vedere una va¬ riante di Astupa , Serippo ( Plin. 3, 14 \ Ventipo ( Hisp. 27, 5 ), ecc. Anche in Avieno ( Ora maritima) si trovano dei nomi in -òo- (-bus, - ba , -bi- ), alcuni dei quali senza riscontro in altri autori, da renderli cosi non solo poco intelligibili, ma pur sospetti, specie dopo i tentativi ripetuti, vani o contradditorii, fatti successivamente da Carlo Miiller, Christ, Gutschmid, Miillenhoff, Unger, Sonny, Atenstaedt, Marx, ecc., per identificarli con questa o quella località della Spagna dei tempi nostri, e dopo altresì i commenti critici del prof. Giuseppe Kirner (1) i quali ci mostrano che una gran fede non si può riporre ueir opera di Avieno come geografo e traduttore di cose geografiche, di Avieno che, intorbidando le fonti da cui (1) Intorno all’ Ora mar. di Avieno ecc. — Studi stor., voi. II, fase III, p. 399 sgg. 29 desunse le sue notizie, con inutili aggiunte e amplificazioni poetiche a cui tengon dietro gravi omissioni, insieme confonde nomi ( p. e. Malaca con Macnaca, Tartessius con Gadcs ), e peripli. Ma quando si pensa all’ arbitrio degli altri scrittori latini e dei greci in simile materia, alla ripulsione che ispiravano loro i nomi barbari e oscuri e alla preferenza che davano ostensibilmente a quelli € latino sermone dictu facilia » come confessava Plinio ( III, 7 ), visti quei nomi da vicino e riconosciuti in essi il tipo di famiglia, comune con quello dei più accertati, non credo si possa addirittura negare la loro esistenza, ma limitarsi invece a supporvi un’ altera¬ zione di tratti, dovuta al loro peregrinare di lingua in lingua, alle consuete infedeltà della riproduzione fonetica e a una grafia mal compresa e quindi inesatta, tanto più che altri nomi trovano piena conferma negli scritti di Ecateo, Erodoto, Erodoro, Teopompo, Eforo ed altri ancora. Siccome V origine punica di tali nomi, che pur si cercò di sta¬ bilire per via di raffronti, è lungi dall’ essere dimostrata, cosi pren¬ derò in esame quelli tra essi eh’ entrano nel quadro ristretto di questi studii. Tra i più importanti cito i seguenti: Aruium, Palus Etrephaca, Hcrbi civitas, Cilbus, Sclbyssina , Barbetius e Airbus. Aruium , forse per *Aruvium da *Ambimi come nel verso 701 Salycs per Saluves ( si compari anche Ocstrymidcs v. 96 accanto a Ocstrimnidum v. 113 ), assume nella prima edizione di Avieno due figure grafiche differenti Aryium ed Aruium , che Holder, sedotto da un’ affinità evidente, manda insieme cogli ’Apoòtot di Tolemeo, trascrivendo altrove quest’ ultimo nome Arvii: 160. Aryium Rursum tumescit prominens in asperum Septentrionem. 172.abque Aruii iugo In liaec locorum bidui cursus patet. È dunque un nome di monte della Hispania Tarraconensis di¬ stante dalle Colonne d’ Ercole, al dir del poeta, cinque giorni di viaggio marittimo, cioè 5000 stadii o 125 miglia geografiche, e da Ophiusa solamente due giorni. Pel nome, la struttura di esso e pel luogo in cui vien posto sembra corrispondere all’ ’Opoùiov di Tole¬ meo ( 2, 6, 3 ), secondo alcuni manoscritti e secondo altri ’Apoòtov (lezione preferita da C. Muller), e così V intesero anche il Mùl- lenhoff, il Sonny ed altri commentatori di Avieno. Ha compararsi, 30 ma non da eguagliarsi, con ’ApoùJka o ’Apouiot ( Ptol. 2, 8, 7 ) popolo della Gallia Lugdunensis, ed anche con Orbi monte ad occidente dei Pirenei. I due nomi che seguono si trovano accennati nei versi 243-245 .multa propter est palus Etrephaea dieta: quin et Herbi civitas 245 Stetisse fertur his locis prisca die; (1). Caspar Barth pose innanzi arditamente i rifacimenti: « Ercbca palus » e « Èrebi civitas », mentre il Mlillenhoff collocava con manifesta intenzione V odierna Hnelba dove era Herbi — da cercarsi secondo altri vicino a Lucena del Puerto — e faceva corrispondere, non so con quanta ragione, la detta palude all’estuario dell’Odiel (2), identificata poi dall’ Unger colla Laguna de Invierno in base a un sistema che secondo lo stesso Kirner non regge propriamente al martello della critica. Ma vi è più, la struttura consonantica di Etrephaea mal si addice alla violenta riduzione o correzione di Erebea , e la fonetica dello spagnuolo, che per Herbi avrebbe dato Hierbi o Yerbi , postula per Huelba un primitivo Olba. Un’ Olia infatti, forse la medesima Haelva andalusa di cui è fatto cenno pocanzi, ha esistito in Iberia, come risulta da una lamina bronzea scoperta nel 1868 presso Bonanza ( CIL. II, 5042-5406 ), dove si parla di un pago Olbensi , da compararsi colla ’OXjfta TréjjLTtTYj ’Iffrjpia* di Stefano di Bisanzio e con ’OXijSa città dei Beroni nella Gallia Tarraconensis ( Ptol. 2, 6, 35 ) eh’ è forse una cattiva lezione della precedente. D’ altra parte è da notare che Olia od Olbia od anche Olbiopoli è un toponimo che occorre frequente nella geografia an¬ tica, anche in regioni che non siano 1’ Iberia propriamente detta, per esempio nella Gallia Narbonensis, ove e accertato dalle citazioni di Scymno ( cioè Eforo, 216 ), Pomponio Mela ( 2, 5, 77 ), Tolemeo (2, 10, 8), Strabone (4, 19 ); nella Sardegna ( Paus. 1 c. ; Ptol. 3, 4; Itin. Anton. 79, 80, 82) ove accanto ad ’OXpta si pongono le varianti Ubbìa ed Olvia ( CIL. X, pagg. 829-837 ; Tamponi, Noi. Scavi , 1888, p. 540 sgg. ); nell’Il Pria ( St. Byz. ) da compararsi con Olbonenses ( Plin. 3, 21, 25 ) ; in Cilicia, per cui Strabone ( 4, 5, 10 ) offre la forma v ()Xffr] ; nella Scizia d’ Europa all’ imboccatura (1) Bufi Festi Avieni Carmina , ree. Alfred Ilolder. Ad Aeni Pontem, 1887; della quale edizione, fatta su quelJa di Venezia, mi servirò anche nelle citazioni ulteriori. (2) Deutsche Altertumskunde, Berlin, 1890, I. voi., pagg. 117-119. 31 del Boristene ( Pliii. 4, 26, 3; Mela 2, 16; I)ion. Clirys. Orai. 36, pag. 437 ); nella Panfilia ( Ptol. 5, 5, 2; Plin. 2, 56, 1) per cui PAnonimo Ravennate ci porge innanzi la travisata Olivia; nella Bitinia ( Plin. 5, 43, 1 ), in Mesopotamia ( Arr. ap. Steph. Byz. ), nella Misia ( Scyl. 93, 7 ), nell' Ellesponto (Steph. Byz., 8), ecc. Ma la differenza stessa del nome ci avverte che se bisogna proceder cauti nel conchiudere all’ identità dell’ etimo, si deve altresì andar guardinghi dall’ attribuirgli, in questo o quel caso, un’ origine gal¬ lica o ellenica, come venne già fatto, dando troppo margine all’ am¬ biente etnico più recente, in cui fu rinvenuto, e non dandone ab¬ bastanza alle spinte dell’ analogia che assimila le cose più diverse secondo il loro aspetto da farle parere identiche anche nella so¬ stanza. Quanto a v OX(jia òprj , nome antico delle Alpi al dire del solo Ateneo ( 6, 23, p. 233 ) che lo avrebbe trovato in Posidonio, non credo valga la pena di fermarvisi sopra neppur un momento per discuterlo seriamente e ancor meno per trarne materia a confronti da servire pel caso nostro. Ne segue quindi dal fin qui detto che Olba non Herbi s’ attaglia ad Hiiélva , senza che per ciò niente autorizzi a credere che Eire- phaea ed Herbi si debbano mutare in Erébea ed Èrebi . Adolfo Sonny che consacrò un capitolo all’ Ora maritima di Avieno (1), e P Uuger nei suoi studii, avevano dunque ragione di dubitare dei ravvicinamenti barthiani. Tutt’ al più, e ancor non senza qualche esitazione, Herbi potrebbe essere ravvicinato ad ’Ep^aaó^ ( Diod. Sic. 23, 11; 23, 14), ad f 'E?|taa (Ptol. 3, 4, 13) o ’Eppfnj (Steph. Byz ) antiche città entrambe della Sicilia, ad Herbanum in Etruria ( Plin. 3, 5, 52 ), ed anche ad TEptjfóvioc in Campania ( Polyb. 3, 92, 1 ) ed ’EppsJJavxtov axpov ( Ptol. 3, 3, 5 ). Gilbus si trova menzionato nella descrizione del seno tartessiaco, la quale comprende i versi 317-321 : . . . , . montem ab ilio, quem tibi Horrere silvis dixeram, cum Veneris, Litus recline et molle harenarum iacet, 320 In quas Besilus atque Gilbus flumina Vergent Huentum. Lasciando da parte la questione sempre aperta se in esso debba riconoscersi il S. Pedro, altrimeuti detto « fieuve de S. Pierre » nelle carte francesi, oppure il braccio sinistro del Guadalete, non (1) De Massilicnsibus rebus quaestiones — Petropoli, 1887, pag. 36. 32 posso neppure in questo caso accordarmi col Mtillenhoff il quale era convinto eli’esso ripetesse nell’ Iberia il nome semitico di nahr ri Krlb , cioè il « fiume del Cane » ( il Lykos degli antichi, posto tra Byblus e Berytus nella Fenicia ) e ancora meno eli' esso sia il riflesso del Kalbis in Caria. Sono invece completamente d' accordo coll' illustre autore della Deutsche Altertumskunde nell’ ammettere che i Cilbiceni dei versi 255 e 303: Pars porro eoa continet Tartesios 255 Et Cilbicenos. 303 Maritiina vero Cilbiceni possident i quali son da lui posti ad oriente della foce del Tartessius (Betis), nella parte settentrionale del golfo tartessiaco, e ad occidente dei Tartessi, secondo il Kirner, avessero ricevuto il nome dal Cilbus , senza che per ciò la questione topografica ne rimanga per nulla compromessa, un popolo potendo benissimo, dopo aver preso il nome da una data sede, trovarsi spinto in altre poco o molto lontane da quella primitiva, fatto oltremodo importante da rilevare, di cui in istoria, in geografia e in toponomastica non si tiene mai abba¬ stanza conto. — Cilpe e Silbis in leggende nummarie ( Zobel, II, p. 185; Florez, II, p. 600) e Silpia di Livio (XXVIII, 12, 14), sia pure una deformazione grafica o fonetica di un derivato in -ia, potrebbero aneli’ essi accordarsi con Cilbus, il che è stato già intuito dall’Htibner ( op. cit., CVI1, 134). Non solo foneticamente, ma anche morfologicamente, il nome di Cilbiceni trova la sua spiegazione nel medesimo autore per via del suffisso - eno -, ora primario come in Cimenice ( v. 622), Leme- nicum o Temenicum (v. 676), Massimi (v. 422), Pyrenaeum (v. 565), Seticna ( v. 629 ), o presso altri autori come in Cileni ( vedi più giù a KiXtvof ), Celcieni = KeXxtavof ( Stepli. Byz. ), Topiaocvo: ( PI ut. Sertorii vita , 3 ), ed ora secondario, come vedremo più oltre. Secondo Adolfo Sonny, i nomi etnici uscenti in -rjvo: accusano l’influenza jonica e non occorrono che in regioni frequentate da Joni, così in Asia e nelle regioni limitrofe al Ponto Eusino come in Ispagna e nella Gallia, e, togliendo quasi tutti gli esempii da Stefano di Bi¬ sanzio, pone innanzi le forme re^aXyjvoL, Aaurjvof, ’Aoaprjva, ’AjfJaaYjva, M7)5afÌT)va, ’OjfoSrjvot, 'Aspirava, ’lpyjvo:, senza concludere perciò che l'autore del periplo fosso jonico. Prima però di affermare irrevo¬ cabilmente un' influenza jonica in questo senso mi sembrerebbe prezzo dell’opera di esaminare a fondo se il suffisso plur. - mi = 33 -yjvot formatore in Iberia di nomi etnici, in uno con -ani = -ava ( ’HÒrjiavot, Ptol. 2, 6, 15, 63, Aaxetavot, Plut. Cat. maj 11 ), ed -ini = -ivo: (’ÉStva, Ptol. 2, 25; KiXtvot, lo stesso, 2, 6, 24), non abbia avuto in molti casi diversa origine. Dico in molti casi perchè in altri -yjvoc risulta, se pur in origine schiettamente jonico, certo impiegato per imitazione letteraria da geografi e storici anche non jonici, secondo che venne loro fatto di udirlo o immaginarlo, alternativamente con -ava, -tva ed anche -ve?. Il suffisso -y]vol ( con -avo: e -evo:) è invero, dal punto eli vista della geografia antica, uno dei tanti suffissi etnici cloppii e analogicamente rinforzati di -a ( -coi, -atot, -tota, -caaoi, -Yjrtoc, ecc. ) col valore di -et?, -e?, -at (1) ecc., applicato a nomi greci e non greci senza espressa e fatale destina¬ zione. Quindi accanto a TaXtvSat popolo della Sarmazia europea si avrà PaXtSavot ( Ptol. 3, 6, 21 ), per Tajfyvot ( Plut. Eumen. vita , 15 ), da Pà(3at città interna della Persia, Ta^atot (Ptol. 6, 43); per IV òpeoayjvot ( Strab. 15, 724 ) abitanti di TeSpoiota in Asia, Teopwatot in Stefano di Bisanzio; per ’Eptayjvot (Strab. 16, 753), da^Epeoa città della Siria Apamene, ‘Eptoato? in Stefano di Bisanzio; per ’ljfyvot, popolo celtico citato più sopra, 'IjSarot ( Steph. Byz. ). Lo stesso dicasi, circa alla detta influenza greca, pel presunto -d)5rj? scorto dal Sonny (2) nel Malodcs mons di Avieno ( v. 535 ), da compararsi pel finimento con KaXXfaooo? (?) di Tolemeo ( 2, 5, 2 ). Non nego però in massima che alcuni nomi ispanici conservatici da Avieno, come Anystus ( v. 547 ) = àvoaro? da àvòstv, nel senso di « guadabile », Cypscla ( v. 527 ) = K’j^sXyj, Chrysus amnis = XpjaoO? Troxapò?, abbiano potuto formarsi con elementi greci e ciò per opera di colonie o stazioni massaliote impiantatesi lungo le coste, fino alle Colonne d’ Ercole, sebbene Avieno non faccia alcun cenno dell’ ori¬ gine loro ed, abbia spesso scambiato epiteti per toponimi. (1) Su quest* altra equivalenza della nomenclatura geografica servano d’ esempio: VpaovLGHci ( Ptol. 3, 1, 4 ) = VpoaHcniou ( Strab. 5, 225 ) abitanti di Gravisca in Etruria; AaXjxaro* ( Polyb. 32, 18,19 ) = AocXjnxrai ( Damasc. Vita Istd., 91) accanto a ( App. Illyr. 11, ecc.) i Dalmati; SxcvpGioì ( Ptol. 2,16 ) = Aa opaoci ( Polyb. 32, 18) popolo illirico; Aeniàrci (Polyb. 33, 7) = Aex/?5rat ( Ptol. 2, 10, 8) popolo ligure chiamato dalla città di Ae/.tVcv (Steph. Byz.); Oawavaìoi ( Hereas in IVluller, 3,93, 117) = Qxjjixvai ( Agath. 4, 29 ) popolo della Persia; Mà/xoi e 'Iz/iat ( Steph. Byz. ) popolo scitico; *Iv<7o6pe$ — v I>7cflpót — Insubres ( Steph. Byz. e Plut. ) ecc. (2) Op. cit., pag. 170. 34 Cilbiccni , confermato da Selbyssina mediante un presumibile * Selbus , viene poi a riconnettersi con Cilbus per mezzo di una forma intermedia 'Cilbex o ’Cilbix, -icis, che ha forse esistito (come esi¬ stettero infatti sopra luogo Abitici , Abbonici, A ry amo ni ci, Argillici , Bundalici , Celtici , Lessici , Limici , Pellici, Tamarici (1), alcuno dei quali però può essere un plurale di -icus\ sul modello di Ind-ic- ctes — Ind-ic-et- icum ( Vedi più oltre ), di Ciminice regio ( v. 622 ), di Helice palus ( v. 590 ) — che il grecizzante Sonny, per la china sdrucciolevole in cui si era posto, vuol ad ogni costo derivata dal greco DJJaaeiv, in un coi nomi dell’ omonima costellazione e con quelli di due città una dell’ Acaja e V altro della Tessalia (2) — di Illicc ( Mei. 2, 6, 6 ) od Ilici ( Plin. 3, 3, 4 ), in Tolemeo ’lXXixt; (2, 6, 62) città della Tarraconense, e infine di Sòrdicen ( = *Sor- dicem ) da Sordex palude formata dal Sordus, fanno pireneico, e Sordiceni aggettivo che ha dovuto aneli' esso servire a designare, come Sordus , il nome di popolo a cui quest’ ultimo si riferiva, tutte e tre forme coesistenti in Avieno come risulta dai versi seguenti: 552 .. Sordus inde denique Populus agebat inter avios locos; Stagnum hic palusque quippe diffuse patet 570 Et incolae istam Sòrdicen cognominant; 558 In Sordiceni caespitis confano. Non credo necessario riconnettere queste forme con quella di mare Sardum dei versi 149-150 perchè non è sicuro, come vogliono il Wernsdorf e il Mùllenhofi, non disapprovati dal Sonny, che essa si debba correggere in mare Sorduni. Selbyssina (regna) sono indicati al verso 422: 420 Ultra citraque quattuor gentes colunt. Nam sunt feroces hoc Libyphoenices loco; Sunt Massieni; regna Selbyssina sunt Feracis agri, et divites Tartesii, Qui porriguntur in Calacticum simun. La forma ridotta a Selbyssini o * Selbissini accenna ad essere a prima vista una variante di Cilbiccni , il che spiega fino a un certo punto perchè in alcune ristampe di Avieno a regna Selbyssina siasi (1) Si comparino coi nomi di divinità Erredici , Gapetici , Tindenetici , Tur olici t formati, dice 1’ Hiibner, come se derivati fossero da nomi lo¬ cali ( op cit., p CXI ). (2) Op. cit., pag. 69. 35 sostituito arbitrariamente regna Cilbicena, e tale, avrebbe potuto essere infatti senza quei due - 5 . 5 - che annunziano un altro suffisso il quale si ritrova aneli’ esso in nomi ispanici quali sono p. e. Ocvoaaa — Carthago nova ( Polyaen. 8, 16, 6 ), 5 Ixo6pc(a)aa ( Ptol. 2, 6, 67 ) = Turissa ( Itin. Anton., p. 455 ) nella Tarraconese, Kàpcaaa ( Ptol. 2, 4, 13 ) = Carisa ( Plin. 3, 1, 3 ) città della Betica, Nappiaoa (Strab. 3, 140, 143; Ptol. 2, 4, 12) = Nebrissa (Plin. 5, 14, 12), Ne|xxvToupfoaa (Ptol. 2, 6, 66), ecc. D’altra parte il Mtillenhoff, valendosi delle citazioni di Erodoro, Ecateo e Stefano di Bisanzio, i quali pongono i Macrctrjvoc = Massieni accanto agli ’EXjJoaivca ( Herod. de Her. fr. 10, 17, Mtiller ) secondo V uno, agli ’EXpéauo: ( Hecat. in Steph. Byz. 254, 11 ) secondo 1’ altro, ed anche secondo Filisto ( lib. Vili ), agli 'OXjSòatot od ’OXfJoacvta, secondo 1’ ultimo dei tre, identifica con grande verisimiglianza i Selbyssini del periplo cogli ’EXflucrfvia degli altri testi, spiegando la differenza delle forme, la sigmatica cioè rispetto a quella asigmatica, come Sex, Scdetani , Sahnantica di fronte a ‘E^xavtòv 7 tóXls di Strabone, Edetaui, Hel- mantica 0 ’EXjxavxwoj dell’ interno dell’ Iberia. Adolfo Sonny ( op. cit., p, 45 ) ed altri hanno creduto di sottoscrivere a queste con¬ clusioni che sembrano convincenti, ma che aspettano ancora una definitiva sanzione linguistica per 1’ equipollenza delle forme ed anche una più assoluta conferma filologica sul valore di alcune citazioni. Comunque sia, anche negando 1’ autenticità dei frammenti di Ecateo, nei quali Mullenhoff credeva fermamente, rimangono sem¬ pre inconcusse le forme ’OX^óaia e ’OXjjuaivtot che fanno credere all’ esistenza di * ’EXjféaca o meglio di * *EX[36oioi, se non di ’EXjjéar.a accanto ad ’EXSootvwt, aneli’ esso esistito. Ora ’OXfJòota ed * ’EXfiòa’O' sarebbero le forme secondarie 0 intermedie di derivazione, alialo* loglio* a quelle già supposte di 'Cilbices e " Sordices , per le quali si potrebbe risalire alle forme più semplici ' v OXj3ix; ed ’ v EXj3os accanto a cui può venire a porsi vicino anche ’Selbus , attribuendovi 0 no le affinità etimologiche di cui venne fatta parola. Intanto ricordo che '^EXpo; si trova contenuto anche nel lusitanico Elbocori ( Plin. 4, 118) o ’EXfìoxopfe (Ptol. 2, 5, 6), forse anco in Elvora (Monti. wis. p. 51 ), e che una forma femminile di ‘ v OX(3oc, da me intuita prima ancora di conoscerne V esistenza, si è prestata a maraviglia a spiegare il nome Huelva. Jugum Barbetimi si legge al verso 425: Hos propter autem inox iugum Barbetìim est 36 con un suffisso in - etius come si vede in Dcrcctius mons et deus (CIL. II, 5809), da -do- o -&xr r o Y)T£- rappresentato, sotto questa forma più semplice, da Barduetes, Calici, Carietes , Cerei , Ccretcs, Cyneies, Esdctes, Igletes, Gymndes, Misgetes, Ossei , col quale suf¬ fisso deriva anche Indiceticum littus ( Avien. v. 532, per mezzo di Indicetes ( ’lvSixfJisg in Strab. Ili, 4, 1, 8 e Ptol. Il, 6, 19, 72 ), trascritto Indigctcs ( v. 523 ), il quale si svolse a sua volta da Indice ( in Hecat. ap. Steph. Byz. ’lvòcxvy ), e ne vengono altresì i nomi etnici in - ciani , come Auseiani (da Auaa, Ptol. 2, 6 , 69), Basiciani (da Basii , Itin. Ant., 401, 8), Carpeiani (da * Carpa e ’ Carpcies , cfr. Carpctus gens, CIL. II, 2854 ), Cerretani (da Cerretes o Ccretes), Cessctani ( direttamente o no da 'Cessa = Kfoaa in Polvb., Cissis in Livio ), Edetani = Sedetani ( da 'Edetes o * Sedctes , in Ptol. v H5y]xa, in Hecat. ), Jacetani (da Jaca, Caes. b. c. 1, 60, 2; ’laxxx, Ptol. 1, 6, 66), Lacetani , Laeeiani, Oretani (da 'Orctcs o 'Oretae, ’OpEttzc in Polyb. 3, 33, 9, esso medesimo da 'Llpia. in Strab. 3, 3, 2 ), Suessetani, Vcssctani ( cfr. Htibner, op. cit„ pag. C1II), in concorrenza coi nomi in -itani: Bastitani ( Plin., App., Hisp., Ptol. ) accanto a Bastetani ( Strab., Livio, ecc. ), Deitani, Igaeditani, Laminitani, Lusitani, ecc., dove il finimento -itano, frequentissimo in Sardegna, sarebbe da considerarsi, se vuoisi anche qui ammettere la teoria del Flechia, come un suffisso complesso e ibrido in quanto consta del suffisso greco -:n r r e dell’italico -ano- ( Postille dimoi. I, AGI. II, pagg. 16 e 17 ). Secondo l’Unger ed il Sonuy (op. cit., pag. 45) al iugum (cioè promontorio) Barbetiwn corrisponderebbe l’odierna Punta de Cala Moral o de Cala Burras, il che è probabile assai; ma non lo fosse, ciò che mi sembra più sicuro è che vi sia affinità tra questa forma e quelle di Bxp^aoÀa città della Betica al nord di Calpe ( Ptol. 2, 4, 6; Marcian. Heracl., peripl. mar. ext., 2, 9), malgrado l’inter¬ pretazione punica di Schròder per cui significherebbe: « fontana del piazzale di Baal ( Die Phonizische Sprache , Halle 1869 ), Bap- [fyaóXxc; 7 totx|iÓ£ fiume della stessa regione ( Ptol. 2, 4, 7 ), oggi Guadiaro (?), che il Mullenhotf identifica colla Barbesula di Plinio e col Chrysus di Avieno ( I)A. 144 ), ed anche forse con Bapjìxpcov axpcv della Lusitania ( Strab. 3, 151 ; Ptol. 2, 5, 4, ecc. ), malgrado che, per l’idea che risveglia a prima vista la sua struttura, gli autori tedeschi abbiano proposto la traduzione di < berberische » e quella di « Fremdenfels ». Finalmente non sarà mal fatto di pen¬ sare anche alla Barpana insula di Plinio ( 3, 6, 81 ) ad onta dei 37 risultati negativi che hanno dato le ricerche fin qui tentate per la sua identificazione. Spogliati dei loro rispettivi suffissi secondarii, questi nomi si riducono a un documentato Barba ( Itin. Ant. 412; CIL. II, 2015, 2020, ecc.; Ptol. BzpXa?) località dei Turduli nella Betica, nel quale Barba si potrebbe forse intravedere una forma¬ zione analoga alle sovraccennate con cui pongo a riscontro, senza giungere pel momento a conclusioni di sorta, numerose località della Liguria quali p. e. : Barba André ( quella parte meno alta del Bardellino che guarda verso Oneglia ), Monte Barbei ( vetta presso Borgo S. Agata, Oneglia ), Rocca Barbena ( presso Genova ), Rocca Barbena (in quel d 1 Alassio ), Barbisone (Alassio), Poggio Barbera ( presso Villanova d’ Albenga ), Barba ira ( torrente presso Dolceacqua ) ecc., ove i derivati di barba , se pur non sono in tutto o in parte gentilizii con adattazione topografica, si associano ai nomi di monte, di poggio ed anche di torrente come fanno, ivi stesso, per le due prime categorie nominali, le differenti Arpiselle o Areni¬ seli e, Arpette, Arpexinum ( a. 1153, Atti Soc. lig. St. pai. Ili, 247 ) da Arpe per Alpe , da cui venne anche il verbo inalpare = condurre a pascolare i greggi sulle montagne. Infatti tra i titoli degli Statuti di Diano e Triora si legge: « de bovibus inalpandis , de bestiis inalpandis » ( Gloss. medioev. lig . di Gir. Rossi ). Rimane per ultimo ad esaminare il nome del fiume Alebas di cui si parla nei seguenti versi: 495 Gymnetes istos gens locos insederant; Nunc destitutus, et diu incolis carens Sibi sonorus Alebus amnis eftìuit. Per fissare la sua posizione il Sonny usò queste parole: « Verisi- millimum videtur fluviolum, qui hodie Gordos appellatili*, prò Alebo habendum esse » ( op. cit., pag. 51, n. ), ed aggiunge che il Mùl- lenhoff lo pone troppo a mezzogiorno. Chi dei due abbia ragione qui non importa il dire; ma il Mullenhoff che in questo, come in altri casi, segue le orme di Bochart e di Movers, nel suo sistema d’interpretazione mediante il fenicio, va più lungi ancora ed af¬ ferma che « come il Cilbus così Y Aleb « il fiume taurino », dinoti la presenza nel seno tartessiaco di Coloni semitici » (op. cit, p. 160), accennando in nota, con vago ravvicinamento, al siculo ’AXajtóv « il dolce », che i suoi maestri stringono in legame con Hybla , sicula aneli’essa; altri, come il Pais, coll’omerica Alibante localiz¬ zata dagli antichi nel golfo tarantino e da lui posta nel paese dei Sicani. Ma 1’ epiteto « dolce » si urta manifestamente col « sonorus » 38 di Avieno ( seppur non impiegato a caso, come spesso gli avviene ), ed anche col « Stierfluss », attribuito dal detto Miillenhoff al primo termine di paragone. Una volta postosi per questa via di facili confronti, il Miillenhoff non avrebbe però dovute passare sotto si¬ lenzio v AXaj3x città celtiberica secondo Tolemeo ( 2, 6, 58 ), V Ala • bonte aquitanico dell’ Itinerario d’ Antonioo ( 342, 4 ), ’AXaotova o All abone località dei Vasconi menzionata da tutti e due i prece¬ denti, Alébece luogo della Narbonese in Plinio ( 3, 36 ), gli 'AXl^cdxg'. di nuovo in Tolemeo (2, 10, 8), gli ’AXjJfctxot popolo delle Alpi secondo Strabono ( 4, 203 ), ed altri nomi che meglio convengono ad una somiglianza con Airbus: In una parola e per finire, questa serie di nomi in - bus presso Avieno si potrebbe diffìcilmente staccare da quelle che s 1 incontrano in fonti ben diverse, e, mentre per se stessa accenna a un carat¬ tere ben pronunziato dei nomi di cui è costituita, depone in favore della schietta ibericità delle altre. Questi sono dunque i nomi iberici in - ho - e -ha proprii all’ Ibe- ria e alle regioni ibereggianti, ai quali nomi converrà aggiungerne molti altri eli’ io ho certo dimenticati, togliendovi di mezzo quelli che saranno poi riconosciuti non legittimi e inservibili per la mia dimostrazione. Rimarrebbe, egli è vero, ancora da compulsare il farraginoso materiale delle iscrizioni celtiberiche ( nummarie, lapidee, laminee, figuline, rupestri, ecc. ), ma pel modo con cui fu disgregato e ri¬ muginato fin qui, malgrado gli sforzi lunghi e pazienti di E. Hiìbner per raccoglierlo e coordinarlo, esso non in ispira che una mediocre fiducia, nè illimitata è pur quella di chi sarebbe tenuto, per cono¬ scenza di causa, a non lesinare sopra nessuna particella di essa. Le parole si modo recte legimus o simili che ad ogni piè sospinto T Hlibner pone a capo o in coda delle sue interpretazioni o in quelle d’ altrui, queste altre parole poste alla fine dei suoi decifra¬ menti grafici: « Ex monumentorum Ibericorum tenebris tandem emersimus. » ( op. cit., pag. LXXX ), giusto al momento eh’ egli passa alla rassegna delle glosse degli antichi, che non brillano tutte e neppur esse per luce meridiana, riassumono in sè tutta la que¬ stione grafo-celtiberica e mostrano che malgrado la vasta erudi¬ zione e T onestà scientifica del valentuomo, grande è la nostra igno¬ ranza su questa materia. Comunque sia, per una convinzione che mi son formata da parecchi anni, fin da quando intrapresi nel Belgio T esame delle suddette iscrizioni, non credo che esse possano 39 servire gran fatto al maggior incremento degli studii di toponoma¬ stica iberica in generale e particolarmente a questo, e perchè nella scrittura regna dappertutto la massima incertezza, e perchè, mal¬ grado la gran copia di nomi geografici che offrirebbero le iscrizioni, quando essi non ci riescono oscuri e impenetrabili, ci son fatti noti altrimenti ( e ciò nella proporzione del 30 p. 100 ), e perchè i segni grafici, specie quelli adibiti alle labiali, rappresenterebbero suoni che contraddicono almeno in parte alla fonetica ispanica d' oggidì, sebbene d’ accordo in certi punti con quella basca ( ad es. per la rarità di f e non già per la sua totale assenza come afferma T Hiibner ), o perchè le lettere che rappresenterebbero i suoni che c interessano maggiormente o mancherebbero nell' alfabeto, quale il è, o non occorrerebbero che poche volte nelle condizioni da noi cercate, p. e. il vàv impiegato specialmente come u, o sarebbero estremamente rare come il p , il quale poi, nei pochi esempii che ce ne rimarrebbero, eccetto in purp (?) = Perpiniani (?), sarebbe rappresentato da poi) nella grafia dei Greci e dei Romani. È possibile però che quello dell’ f sia stato un fonema ivi anti- chissimamente poco usato, se non del tutto ignoto o mancante, e che la storia delle lingue romanze non sia in grado per ora di fissare nè con Meyer- Liibke, nè con altri illustri suoi cultori, a un'epoca relativamente recente, V avulsione dell'/'latina nei parlari volgari di Spagna, in ragione di un' aversione, direi così organica, per ri¬ spetto ad essa. Ma ammesso anche che la spirante labiale sorda in genere, e specie l'iniziale, ripugnasse allora, come adesso, alle po¬ polazioni dell’ Iberia; che gli esempii Florius flumen ( Plin. 4, 111 ), Fitani gens (Plin. 3, 22), Aefes , Sufun nomi di persona (CIL. II, 3510-5085), ed altri siano errati o di origine spuria, resta da op¬ porre che il fenomeno è lungi dall’ essere generale ( fanno eccezione il portoghese o galiziano e le Asturie ove si trova giustamente il Florius ); che V f dinnanzi ad -r- ed o poi - ue - rimase com'era al suo posto nello spagnuolo; che il mutamento ha potuto avverarsi per una certa qualità di f non indigena, che la serie delle sorde iberiche non sarebbe incompleta che da questo lato e che Y f si ritrova, come che sia, nel basco, specie in alcuno dei suoi dialetti, per scambio tra labiali: ibeni — imini = ipini = ifini ( Van Eys, Gramm. compar . dcs dial. basques , Paris, 1879, p. 23 ), come risulta anche dai recenti lavori di G. Giacomino ( Delle relazioni tra il basco c V egizio , ecc. ), il quale lo fa corrispondere al copto pii e /*, dando come esempii della sua reale esistenza, sia pur non lussureg- 40 "iante: alf-er accanto ad alper — vano, fife = frane, vite, felderaka ( levriero ) = vertrago, ecc. In ogni modo non credo che sia stato Avieno che si sbagliasse quando ci diede Sacfcs, come suppone T Hùbner ( op. cit, pag. CVIII ), ma bensì i decifratori del detto alfabeto quando fanno cenno di coglierlo in fallo, tanto più che il nome ricorre due volte, una al verso 195 e V altra al verso 1G9. Del resto Avieno, non ci dà quel solo esempio, ma un altro ancora, ed è quello di Etrephea (Vedi più addietro) che lo stesso Hùbner accetta in così fatta forma e pone tra i nomi iberici, forma in cui il pii latino riflette il greco 9 , il quale 9 non avendo potuto a sua volta raffigurare un ph, neppure esso esistente nell’ alfabeto celtibe- rico, secondo il quadro che ne fu fatto, deve necessariamente rap¬ presentare un’ f: quindi Etrephea — * Etrefea. Farò finalmente osservare che i nomi geografici 0 personali che figurano negli antichi testi e nelle iscrizioni romane rifuggono, meno poche e rare eccezioni, dal cumulo delle consonanti, come ne conviene lo stesso Htibner (op. cit., p. CXXVII, ecc.), mentre quelli che risultano dalla presunta lettura delle iscrizioni celtiberiche ne vanno sopraccarichi, a scapito grande della comune armonia, p. e. qnthiqm , areigratqs , tnruthruatn , qnkukicesanqm, ilacacapqs, untcscn- isqrkles, ecc., associanti insieme, in strani connubii, suoni incompa¬ tibili. Che se poi si volesse attribuire ciò al sistema abbreviativo della scrittura, è da osservare che qualora venissero colmati gli spazi vuoti con vocali, ne uscirebbero fuori in realtà dei nomi di dimensioni mostruose che mal si accorderebbero con quelli noti e in generale coll’ indole e le proprietà ereditarie della lingua attuale, anche ammesso che alcune delle dette denominazioni rappresentas¬ sero delle forme accoppiate. Per quanto si può arguire dalle esteriorità delle forme, che non è sempre concludente, anche in altre parti d’ Europa, oltre V Iberia propriamente detta e le suddette, un elemento -(u)lo- sembra avere allignato per ragioni etniche, analoghe 0 identiche alle precedenti. Infatti noi troviamo nella Gran Bretagna e in Irlanda: Ausoba, Canubium 0 Canovium 0 Communi, Cornubium 0 Cornubia, Delgor¬ ici a (0 Dolgo - viola ? ), Grampius, Panovius, Regulbium 0 liegul- vium, Rhutubi portus, To-ao^c, Tooépoj&s, Vindóbala (?), Vinoria , Veriibium , ecc.; nel Belgio: Neropia, Niopa , ecc.; in Germania: Abnoba , Celbis 0 Gelbis , Danuvius, Dulgubnii 0 Dulcubini, Erubris 0 Erubrus ( per Erubu-rus? ), Mesovium, ecc.; nella Liburnia, nella Pannonia e nell’ Illiria: Arduba , Arupium, Bihibium , Latóbici , ecc.; 41 nella Dacia e nella Tracia: Arubium, Bersobis o Bersóbia , Pelen- fiora, Stlupini, ecc., ecc. Alle quali forme non saprei se possano ricongiungersi quelle comunissime, ma non per ciò meno strane ed oscure, in • op(s), addittate e raccolte da Ed. Meyer, non solo in alcune delle dette regioni, come sarebbe la Tracia, ma anche in tutta la Grecia: Almopii , Deuriopes (Mac. s.), Cassopii o Cassiopaei , Hcllopia ( Ep. ), JDollopes (Pinlo e Scyros), Dryopes (presso l’Oeta), T omerico Meropes che aveva il significato comune di « uomini » e valse come nome della popolazione primitiva dell’ isola di Coos: Kfòg Vj Meps7r^. Ed. Meyer intende però distaccare da questa serie i nomi di Cecrops primo re d’ Atene, Mopsopia antico nome deb l’Attica, secondo gli uni ( Stepli. Byz., Suid. ecc.) o della Panfilia, secondo Plinio, e Pelops eponimo del Peloponneso, mentre rimane in dubbio per quelli di Eiiropos (luogo della Macedonia e fiume della Tessalia ), Alope ( nella Ftiotide e nella Locride ), Mopsium (Tessalia) e pei mitici AiOione^ o KóxAtoTres (1). Stando a quel elio dicono certi storici e loro interpreti, nella loro congenita miopia, tutti o quasi tutti questi nomi sarebbero di origine ellenica o pro¬ toellenica; ma considerati in se stessi, nei loro rapporti colle leg¬ gende delle antiche genti, riportate dai mitografi e al lume dei nuovi criterii etnografici, basati sull’ esperienza, essi potrebbero essere preellenici, e probabilmente di origine asiatica, quand’ anche si neghi con E. Meyer la realtà storica dei Pelasgi (2), come preeb lenica fu la più antica civiltà del paese a cui si riferiscono, e in or¬ dine a ciò meritevoli di studio anche se non avessero altro di co¬ mune coi toponimi più in su posti in disamina, che una fortuita analogia di vuote sembianze. Per quel che riguarda particolarmente la Germania, l’atten¬ zione del Mullenhoff era stata attirata dalla lunga serie dei nomi di luogo, specie di fiumi, in -ubo- -uba- (-upo- -upa- -opa- -ufa- ecc.): Anadopa , Asopo , Elisopu , Gelduba , Kirsupu, Odupher(o), Suropo , Wcrdupa, ecc.; ma disgraziatamente egli li confuse, a cagione del loro consonantismo e di qualche contaminazione analogica ( p. e. Hurnafta = Hurnujfa ), con quelli in -abo- -aba- ( -apo- -apa- -afa- -affa - - epa - -ipa- -ifa -, ecc.): Arnapa = Arneffa , Ganapa = Ga- nipa — Gennep , Heisapa = Hcsapa, Heripfa = Heripha , Hun- nafa = Hunnefa , liosaff'a, Sticrapha, Vennapa = Fennepa; Wal- (1) Geschichte des Alterthums, Stuttgart, 1893, II, 44, pagg. 67-68-69. (2) Forschungen tur alten Geschichte , Vie Pelusgerfrage, 1897, p. 658. (laffa, Wetifa = Wetiffa, che, insieme agli altri, egli ricondusse airario ap, lat. aqua, apr. ape, got. ahva, as. aha, ndd. apa , aat. afa, ecc. (1). Anche D’Arbois de Jubainville rilevò Terrore in cui era incorso il Miillenhoff in tale occasione. Ecco infatti ciò che dice iu proposito: « Il ( K. Miillenhoff) prétend qu’un grand nombre de ces noms de rivières ( de T Allemagne ) sont des com- posés dont le second terme est le gaulois -abos = rivière; mais on ne trouve ni en Gaule ni en Grande Bretagne aucun compose qui contienne ce second terme, et la phonétique de K. Miillenhoff* en cette matière est bien sujette à caution: Gelduba = Gellep ( Prusse rhénane, régence de Dusseldorf), qui serait originairement un noni de rivière terminò par le second terme - abos, devrait, semble-t-il, beaucoup plutòt, en considération du vocalisme, ètre rapproché des noms de lieux d’ Espagne tels que Cordala, Saldala , Calduba , Onóba, Maenoba, Ossonóba; or il n’ y a aucune relation elitre ces noms de lieux d’ Espagne et le gaulois - abos, qui ne peut davantage avoir fourni les voyelles des noms de rivières des iles Britanniques, tels que Ausoba, Toisobis, Tueróbis (2) ». Finalmente, nelT Africa settentrionale, p. e. nella Numidia, nella Mauritania e nella Zeugitana, si raccoglie gran copia di nomi in tutto simili per T uscita a quelli fin qui studiati : Benocubae, Curubis, @ouvo’j[J%, M Xyp'jfoi, i Marchubii di Plinio, Obba (iber. Oba ), Olbasa ( iber. Olla ), ‘PouToujK; ( in Ptol. TouoijJfc ), Sépjfyc, Herpcditani ( iber. Serpa ), Subbur flumen ( iber. Subi flumen ), Subus oppidum (iber. Subur oppidum), Ucubi (iber. Uculi ), alcuni dei quali, p. e. Curubis o Curbis, insieme a Karpis, Cerbica, Cer- balia , Tibilis, Tibaga per rispetto a Carbia ( Itin. Ant. 83 ), Tibuìa ( Ptol. 3, 3 ), sono stati ravvicinati dal Movers, con altri criterii che non sono i nostri, anche a quelli della Sardegna ( Das pilóni- zische Afterthum , p. 576 ). Giorgio Phillips mostrò a quanto pare, in Sitzungbcrichte der pini. ìnist . Cl. der K. Akadernie der TFi'ss. za Wien, meglio che non fosse stato fatto prima da altri, le simi¬ litudini che intercedono tra i nomi degli oppidi della Hispania e quelli dell 1 2 Africa settentrionale, non che tra i nomi locali e per¬ sonali iberici e quelli della Gallia aquitanica e narbonese. Disgra¬ ziatamente non mi è stato possibile procurarmi le sue pubblica¬ zioni, ma il rincrescimento che provo di non averlo letto è attenuato (1) Deutsche Altert. Beri. 1887, 2 voi. p. 277 sgg. (2) Les premiers habitanls de V Europe , II, préf. p. Vili. dalle amare critiche che gli muove 1' Hi'ibner (op. cit., p. XXVI1 ), il quale, dal cauto suo ( op. cit., pagg. LXXXVII, CXLII), ponendo a riscontro per l’etimo iniziale 28 nomi, 14 presi in Africa ed altri 14 in Iberia ( Abila — Avela , Aòp:; mona — Duriiis flumen, Maxyli ----- Maxilua , Tingi — Tingcntera , ecc. ), si occupa medio¬ cremente di quelli che potevano competere insieme per Y elemento finale, non oso dire, come lui, per l'elemento derivativo, certo il più interessante. Si compari per V etimo anche Saldae — Saldala , Salinsae — Saleni. Poco convincente però mi sembra il ravvicinamento fatto dal Kiepert ( Lehrbuch der alt. Geogr. p. 479 ) tra Bùpiv o Bòpov monte della Mauritania Caesariensis e Pyrenaeus. Non credo utile di parlare pel momento dei riscontri tra i nomi locali della Gallia Aquitanica e quelli dell’ Africa nordica perche poco numerosi e d’ impronta mal definita: ma, se per V Iberia antica non vi sono Pirenei, è probabile che tali somiglianze abbiano per base la ragione etnica, che, per esagerazione antitetica, non bisogna escludere assolutamente in ogni occorrenza, sotto pretesto che un popolo può mutar di lingua mutando di sede o di dominio, come se « possibilità » fosse sinonimo di « necessità » e il com¬ piersi della trasformazione lessicale e grammaticale, raramente completa, fosse più importante della persistenza fonetica. Ora se la somiglianza di forme toponomastiche esistenti in re¬ gioni separate da grandi distanze può essere nel maggior numero dei casi una fortuita coincidenza, in altre invece, sia pure il mi¬ nore, costituisce una congruità fenomenica, e, lungi dal presentare un insormontabile ostacolo a studii comparativi, è criterio di me¬ todo per concretare se cose disgiunte violentemente dal tempo e dallo spazio non possano essere ravvicinate nella sostanza e nella unità di un tipo linguistico materialmente spezzato nella sua con¬ tinuità; il quale tipo subendo le vicende e seguendo i destini dei grandi spostamenti etnici ha potuto lasciare delle varietà superstiti ove meno aveva attecchito o soggiacere dove maggiormenle aveva posto radice. Tanto più poi queste forme saranno da studiarsi se in convivenza nel medesimo ambiente od anche poste in regioni limitrofe o poco discoste le une dalle altre. Ciò dico con aperta allusione ai nomi di quella parte dell’ Africa che più si protende verso T Europa e che sono forse le spie che ci additano la via per cui son passate le grandi masse iberiche prima di giungere, per poi espandersi altrove, nel paese al quale imposero, direttamente o indirettamente, o il loro nome od una delle peculiarità della lonflingua. Qualunque siano però le sorprese che ci serbano le future in¬ dagini in questo dominio quasi inesplorato sull’ origine dei Liguri e degli Iberi, è certo che essi hanno dovuto avere un’ esistenza in¬ dividua e quindi una culla e centro di espansione in prossimità delle sedi poscia raggiunte; è certo che hanno dovuto transitare per regioni nelle quali avranno lasciato un ricordo indelebile del loro soggiorno più o meno prolungato ed è certo infine che se in Italia ebbero stanza vi saranno venuti anche dall’ Iberia costeg¬ giando le rive del Mediterraneo, come nell’ Iberia giunsero var¬ cando il « fretum gaditanum ». Il criterio geografico serve qui ancora ad una più giusta orientazione del criterio toponomastico, come questo può essere di gran conforto all’ altro. Quanto alla varia dottrina di una riconnessione delle forme iberiche e mauritaniche con altre che potrebbero intravedersi nelle regioni proprie od altrui abitate dagli Afri o dagli Asiani e da essi importate colle prime civiltà dall’ antico mondo orientale nei lidi settentrionali e quindi introdotte in Europa per diverse vie e successive migrazioni, sarà bene, pel momento, di rilegarla nel campo puro delle più ardite ipotesi, non possiamo dire in qual senso bene o mal fondate, finché non giunga il sempre atteso sus¬ sidio di fatti nuovi o positivi che la condanni o la confermi defi¬ nitivamente sotto i due o sotto un solo aspetto. TITO Xl\iKIH:iiViI POCHI NOMI IN -ETUM, -ETÀ NELLE PROVINCE DI GENOVA E PORTO MAURIZIO La serio interessante dei uomi locali derivati dai nomi delle piante è stato studiato per tutta Italia, in poco spazio, ma con anipii criterii, da Giovanni Flechia negli Atti della li. Accademia delle Scienze di Torino ( voi. XV, 27 Giugno 1880 ). Gli studii del medesimo genere che vengono dopo non possono dunque far altro che riprendere il lavoro coni’ ò per insistere solo su certi speciali dettagli, e questo ò infatti lo scopo elio oggi mi propongo per le suddette province, a proposito dei nomi in -cium, sui quali, anche in seguito a queste note, rimarrà sempre non poco da dire. Albareto nel comune di Cosseria ( Savona-Genova ), Albareto presso Testico, Albareo (Monte-) presso Taggia. — Si avverta in¬ nanzi tutto che, secondo i luoghi, il populus albula, per populus alba, è detto: àrbna od àrboa , àrbera, àrbora, il populus tremula: àrbua , àrbera , àrbora , il populus nigra : àrbore ( Fauna popolare li¬ gure, 0. Penzig, 1897); altrove il pioppo vien chiamato àrbra (Ascoli, a. ton . dial. lig. ). Ciò premesso, dobbiamo aspettarci di trovare nella toponomastica ligure non solamente delle forme derivate di albata, come le suddette, ma anche i riflessi della fonila semplice, e si ha infatti Albera ( prov. di Cuneo, ma presso il confine della provincia di Porto Maurizio ), Albara nome antico d’ una località presso Albenga, il (piale figura negli statuti di questa città, Àrbora ( Avegno-Genova ). Tra le forme derivate di *Arbara per 'arbitra < albula panni di scorgere un *Arba/rìcum, il quale per sincope sarà passato ad 'Arbarco e poi, per aferesi, a * Barca, plur. Barelli, che esiste presso Onnea. Dalla forma Barco si sarà venuti anche 48 Pineto viciuo a Diano Castello, da cui il diminutivo Piniella sotto la catena di Piano Cavallo. Da pinus si svolsero anche per altra via, Pigna di Andora , Pemeia ( Costa - ) sopra Cosio d’ Arroscia, ecc. Roveuro , per * Róbarctulum, a nord-est della provincia di Porto Maurizio. Un poggio Reveuro si trova nella provincia di Genova verso Garlenda. Quanto a Roveredo è appena necessario di dire eh'esso è largamente rappresentato nella provincia di Genova. Salea ( Albenga-Genova ), — Vedi a Felecto. Sanguinato , nome di tre località nella provincia di Genova. Se¬ condo il Flechia, per quanto mi sappia non ancora contraddetto, da sanguen = cornus sanguinea. Sardo (Caranesi-Genova), Serrò (Isola del Cantone), Serrò ( Torriglia ), Scrreta ( Diano Calderina - Porto Maurizio ), Scrrea ( Savignano-Genova ) ; da cerrus. Il semplice Serro e il suo diminu¬ tivo si trovano aneli’ essi impiegati come nomi locali, per esempio nei comuni di Avegno, San Quirico e presso il torrente Bevera, in quel di Ventimiglia. Sosenedo (Vedi Studii liguri di E. Parodi, n. 48, p. 10); da susino. Corte Suvereto ( Reg. arciv. gen. ecc., a. 975 ); da suber. Piglielo ( Savona-Genova ); da tilia. Zmcstedo (Reg. arciv . gen., ecc., a. 965), nel 1066: Zenestedo ( id. ), accanto a Ginestri (San Remo), Ginestro ( Albenga ), ecc.; da genista. TITO ' ■ ■ '■ 088901 UNIVERSITÀ’ DI PADOVA DIAL BIBLIOTECA MALDURA